Non tutti i versanti del Monte Rosa sono uguali (o del burro cotto)… Silvio Pella

Macugnaga. Valle Anzasca. La strada segue le coste, i corsi d’acqua rimangono in basso, la cultura Walser apporta legno mentre il Monte Rosa è il fine di una strada che comprime un po’ tutto. La via è una ed una sola, si possono prendere strade laterali che si chiudono sempre verso questa valle chiusa, profonda, con laghi artificiali che, nei periodi sbagliati, si riempiono di zaini e petti nudi. La cultura gastronomica si è ritirata nel momento in cui gli alpeggi hanno smesso di essere funzionali e funzionanti. Il Rosa è rimasto un totem inattaccabile, dove portare su turisti per farli ingozzare di prodotti proditoriamente tipici, vestiti locali e tradizioni ancestrali. Ma solo dopo il sole postprandiale. Ci sarebbe ancora qualche produttore ma il dissoluto turistico ha compromesso facce e condizioni.

Qui Silvio Pella sta provando, empaticamente, a lasciare in piedi qualcosa di diverso nonostante il tempo. I suoi sono formaggi di fattoria, di montagna, ma di fattoria, le bestie pascolano, fanno stalla, fieno e proteine, nessun insilato, un giovane casaro valligiano a fare le cagliate, un po’ di fermento in quasi tutte le forme, solo latte crudo e stagionature troppo brevi per vendite troppo compulsive. In alpeggio, in un’altra zona, ci va il fratello della moglie, per formaggi più originari, che abbiano ancora un senso di limite e non una sensazione. Ma qui io ci sono venuto per un altro motivo. Guido Tallone mi ha accennato una volta al burro cotto. Un burro messo nei vasetti e lasciato a temperatura ambiente. Retaggio povero di un tempo dove il burro si vendeva, i formaggi si sgrassavano e le rimanenze venivano scaldate, “chiarificate”, gli venivan tolte acqua e caseina, e venivano conservate dopo la cottura a legna. Silvio è rimasto tra i pochissimi in Italia a commercializzare un prodotto che, da antico, l’industria ha trasformato in televisivo. I grassi erano conservati e conservativi, l’oca su tutti, ci si frigge e si risolidificano, le conservazioni durano mesi. Al gusto il rancido scompare, ne guadagnano i sentori lattici e di fieno. Il motivo, al di là dei formaggi e della dedizione, deve esserci sempre. E così trovare ancora un retaggio culturale che mi permetta l’abnegazione al prodotto, è sempre disintossiccante. Nonostante il tanto al kilo delle tavole, il turismo e i suini neri piemontesi non trovati… alla fine, c’è sempre un motivo…

AZIENDA AGRICOLA MACUGNAGA DI SILVIO PELLA

LOCALITA’ FORNARELLI 20

MACUGNAGA (VB)

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