Ogni paese il suo macellaio… Simone Ceccotti

 

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Lari. Quella parte di Toscana che ancora non è stata venduta. Le colline già mostrano l’ebbrezza di guidare con il braccio fuori dal finestrino ma ancora i capannelli di persone fuori dal bar o fuori dal barbiere sono l’ordine del giorno di un sabato pomeriggio assolato. Qui, l’accento parlato non è vittima di strane mescolanze né di indole turistica. È tutto molto rilassato, gli alberi tengono coperto, il paese mostra antichità e le botteghe sono ancora la rappresentazione migliore di quest’angolo poco invaso. Ogni paese ha ed è il suo macellaio. Ogni paese ha il suo taglio e il suo salume. Aglio e poco sale. La Toscana è un’anima carnivora all’interno di belle vigne, straordinari resort, curve pericolose, facce rifatte, accenti corrosivi e lingue intrise nel curaro. Dalle macelleria più che dagli allevamenti, passa la storia di tradizioni e territori. Qui non ci sono differenze tra botteghe, il macellaio è norcino e il norcino è macellaio. Ognuno secondo i propri salumi, ciascuno secondo le proprie ricette. Il segreto di pulcinella è il cuore pulsante della concorrenza, della vicinanza e della lontananza.

La Macelleria Ceccotti è uno di quei posti, non so se sono pochi o molti di meno, dove si fanno ancora le cose per bene, senza l’assillo della novità a tutti i costi. La famiglia Ceccotti ha la macelleria da quell’inverno gelato del 1956, quando gli abitanti di tutti i paesi gravitanti intorno a Pontedera andavano a lavorare alla Piaggio, abbandonando botteghe e avventure imprenditoriali. Il padre di Simone, ottant’anni e ancora il primo a tirare su le serrande la mattina, dall’apprendistato passò direttamente alla titolarità. La sua bottega è ancora lì, non ci sono più i fegati e i polmoni penzolanti all’ingresso, non c’è più il banchetto sulla strada, le mezzene stanno a vedetta all’interno della macelleria pochi minuti (il tempo dello stupore per quelli che ancora si ricordano le botteghe che “Il ventre di Parigi” ha rapito per sempre all’immortalità…) e poi finiscono direttamente nelle celle di frollatura. Il lavoro del macellaio è diventato raffinato, è stato quasi totalmente privato dei macelli e il divertimento si è traslato in quei salumi che Simone ha continuato a fare e ad inventare.

Così il suo principio sono le sue cantine. Chiude il negozio, salta il suo bancone e mi proietta al di là delle scale. L’umidità dilata i pori, gli intonaci si trasformano in pietra a vista, i soffitti in volte. I suoi salami stanno stufando. Qualche settimana con i deumidificatori e poi stagionatura in negozio. Senza eccessi e senza accensione di mutui. Salami di maiale, salami di cinghiale, rigatini, prosciutti e spalle. La sua ricerca cambia mensilmente così come i suoi prodotti. Classici e novità, quello che resta è la ricerca di allevatori fidati, di quelle persone che tengano all’alimentazione di bovini e suini almeno quanto lui. Vitelloni di Limousine e suini pesanti: la semplicità della nomenclatura è una prelazione sul gusto.

Così la carne è giovane e marezzata, la frollatura di qualche settimana scioglie tutto, le brevi cotture aiutano. Non ci sono fibre e collageni, rimane tutto molto flautato. La sua predilezione verso il salume non può che fuori uscire attraverso la proposta. Il mallegato attende l’inverno. Cinghiali cacciati in zona, trasformati in salami e salamini, sapidi, conciati, non particolarmente puliti in bocca, ma assolutamente caratterizzanti. I salami hanno passione ma vanno delucidati, quello che resta impresso per sempre è la spalla di cinta senese. Incredibile dolcezza e incredibili contrasti, con quella nocciola che esce dal grasso spesso due dita, perfettamente equilibrato nel contesto dell’assaggio. Il rigatino, lardo e pancetta, arrotolato e conciato con pepe, sale, aglio e aromi, è connotativo di un paese e di un territorio e in quel paese e in quel territorio va mangiato, con le loro tradizioni e i loro contesti. È un gusto difficile che ha bisogno di morbidezze… quelle del prosciutto, stagionato poco più o poco meno di un anno, dolce rispetto all’ortodossia toscana, piacevole, ma con quella sapida untuosità che riporta ad altri lidi e ad altri territori. La completezza del prodotto arriva con la Testa in cassetta, poco salata, brodosa, unta, grassa, povera, vera e speziata alla perfezione.

La storia dei Ceccotti è una storia di scelte e di provvidenze. Ci sono prodotti meno saturi, meno interessanti, più turistici, ci sono le eccezioni, c’è la carne a frollare senza perdite di acqua e di peso, ci sono le stagionature, le stufature, i controlli dell’Asl, la modernità dell’acciaio e l’anacronismo del legno, ci sono facce tagliate vestite da cacciatori che provano a trattare l’intrattabile, c’è Barbara, la moglie di Simone, che si è trasformata nell’accoglienza e nella coccola al cliente, c’è una storia familiare e di famiglia, in quella Toscana che non è ancora o non è mai stata prodotto tipico, in quella silhouette lontana e vagabonda che solo quell’accento di ruggine e salacità rappresenta al meglio… terra colta e sepolta…

 

MACELLERIA CECCOTTI

VIA ARMANDO DIAZ 6

LARI (PI)

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