Osteria Storica Morelli: genius loci e uno speck straordinario… Fiorenzo Varesco

Pergine Valsugana. Frazione Canezza. Valle dei Mocheni. Lavoratori di lingua germanica che da queste parti hanno antropizzato attraverso la fabbricazione e il disboscamento. Ora le minoranze linguistiche hanno ceduto il passo alla coltivazione di piccoli frutti, la produttività è rimasta la stessa e il tempo blando è l’unico tempo a disposizione. La capra pezzata, che di questi luoghi era parte dell’economia, è sparita, si è rinnovata nella fama del recupero e ha preso il nome dalla vallata, in quella cooperazione agricola/manifatturiera che, nel Trentino post principato vescovile, dove il reciproco aiuto ha invaso, pervaso ed evaso le proprie fondamenta e i propri limiti, ha abbassato i confini della montagna, normalizzandola ad un lunedì mattina. Qui si lavora, si produce, si superano le crisi, ci si trincera dietro al pudore locale scambiato per ombrosità e si concede al turismo quel poco spazio e quei pochi locali che sono riusciti ad andare oltre la territorialità.

Uno di questi è l’Osteria Storica Morelli, dove Fiorenzo Varesco, cuoco della Val di Fiemme, sta portando avanti un’insegna che ha quasi trecento anni, che è stata cantina, salumificio, trattoria, rivendita di generi alimentari e punto di ritrovo, che adesso è un posto sereno dove mangiare, stagionare e ragionare.

La sua è una cucina per gradi, di territorio, con varie sfumature, qualche imperfezione, molta dedizione e una qualità di materia prima assolutamente lucida. Slow Food non deve diventare il fine ma un mezzo per ricercare il territorio, per renderlo meno sporco. Fiorenzo ha un passato di cuoco errante, una decina d’anni fa ha deciso di poggiare qui i propri coltelli e di ridare lustro a queste poche stanze con soffitto a volta e silenzi invernali poco rilucenti. Sottrazione e assenza, piatti lineari e una cucina che spazia tra i grandi classici trentini e da lì si ramifica: canederli, spezzatini di selvaggina, giardiniere, gnocchi di polenta, trippe, paté, risotti, patate, fegati, funghi, salmerini e zelten. Fatti bene, con qualche principio fuori asse, ma con un principio, un’ortodossia ma soprattutto una scadenza. Qui l’anacronismo non è più un’abitudine. Si alleggerisce, si mira anche all’estetica, alla presenza, all’intelletto.

Fiorenzo è una persona gentile, sfumata e fioca, con una grande attenzione e la voglia di non rimanere solo un oste e nemmeno anche un cuoco. Ha voluto di più, è diventato un artigiano e un produttore. Ha messo in opera una cantina dirimpetto il ristorante, ha trovato in Armando Bronzini l’allevatore che faceva per lui (con maiali che superano abbondantemente i duecento kili), ha trovato un salumificio dove poter andare a fare i propri salumi, ha messo in cantina un braciere e ha cominciato dal tipico. Nonostante non sia in mezzena, del maiale tutto diventa speck. E così trovi una coscia, ottima ma realista e una spalla straordinaria, quasi una lacrima. Affumicatura non invadente, marezzato, grasso anche extramuscolo, suadente come il burro e ancora masticabile. Le luganeghe, nella loro bontà, così come i salumi di selvaggina, sono contestuali ad un prodotto incredibile. In quella cantina, sotto i salumi, ci sono formaggi a stagionare nelle moschirole, dal Lagorai alle pecore delle Mandre fino a Vezzena e ospiti valtellinesi, le patate di Tullio Valcanover e il principio di un rapporto cuoco/prodotto che sotto gli occhi trova la sua più fausta realizzazione. Speck=Valere il viaggio… il resto è una buonissima esca…

OSTERIA STORICA MORELLI

PIAZZA PETRINI 1 CANEZZA

PERGINE VALSUGANA (TN)

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