Terre di Sarizzola: la nobiltà del salame… Mattia Bellinzona

sarizzola

Costa Vescovato, località Sarizzola, laddove le gelate invernali non lasciano mai spazio, eccezion fatta per un po’ di fortuna in mezzo alle brume. Sul crinale della Valle Ossona, vista edulcorata rimasta povera, frazioni quasi abbandonate, case che non hanno riportato in vita il fulgore del turismo, tranquillità assoluta e legami che si percorrono e ripercorrono dalla notte dei tempi. In questi paesi si fa un’Italia scrostata e pura, i colori pastello decadono e si stagliano scheletri iper-realistici di un passato che non è mai diventato presente. In questo crepuscolo dei luoghi, dove i concetti di patria e di nicchia sono inscindibili dalle rivoluzioni culturali, dagli addii, dalle messe in opera di pensieri realistici e relativisti, le valli tortonesi s’incagliano in mezzo ai loro detriti, denunciando un decadimento rappresentativo che ben si riconosce in quella metà strada tra il maiale e il Timorasso. Lì in mezzo si è fatta la leggenda ed è compito progettuale non lasciar sì che altri se ne facciano vanto. E così giovani evoluti come Mattia Bellinzona, sulle strade non tracciate dai decani del pensiero debole, sta ripensando, insieme ad un altro manipolo di temerari, un territorio che deve avere un assoluto tradizionalista come genius loci e una possibilità di futuro che non sia né perversione né arbitrio.

Terre di Sarizzola è l’evocativo nome di un’azienda che sulla coltivazione della vite (e di alcuni cereali di sopravvivenza) e sull’allevamento del maiale allo stato semi-brado, sta cercando di riattualizzare gli antichi edifici familiari, le cantine irrorate di umidità e le antiche volte sotterranee dove il salame, se stagionato adeguatamente, può trasformarsi in leggenda.

Mattia ha studiato agraria/enologia, è tornato in azienda e si è affiancato alla viticoltura dello zio: era il 2008 quando l’idea del salume iniziò a baluginare tra i muri dei caseggiati patriarcali. Lì bisognava fare la rivoluzione e riprendere in mano il territorio come propaggine di un età che non tornerà mai, di un’infanzia che è reazione all’alienazione e identità comunitaria.

Ecco allora arrivare l’allevamento brado di suini pesanti e la strutturazione del salame secondo budelli, dimensioni e stagionature. Il salame nobile del Giarolo ha una perversione verso il gusto assolutamente unica: grana grossa, tagli migliori, coscia, grassi insaturi da pancetta e gola, vino, aglio e una giusta dose di pepe. Varie pezzature, dal gentile al cieco fino al cucito (pezzatura più pregiata insaccata in un doppio budello), stanze rigorose e straordinarie cantine naturali, dove ai tempi si affinava il vino, che riportano in vita pozzi apotropaici e terrene umidità che ridanno indietro un salame rarissimo, anche da queste parti dove la qualità dovrebbe essere un assunto. Nessuna aggressione e una morbidezza raffinata, colore rubino e masticazione unica. Le stagionature si allungano e si accorciano ma non sono mai un fine. Ecco perché è un grandissimo prodotto. Il contesto arriva sotto forma di salami cotti, coppe e pancette che sono la finalizzazione di un lavoro che parte dal grano tenero e arriva al nebuloso contemporaneo, dove il salame è semplicemente un salame.

Lo zio di Mattia, Franco, si occupa delle viti e del vino. Timorasso, barbera, merlot, cortese, moscato, dolcetto, pinot nero: si fanno vini territoriali e non, si cercano le acidità ma non si scommette necessariamente sulle bizze della natura. L’attenzione deve diventare una realtà comunicativa che la bocca deve obbligatoriamente corroborare. E così, in quell’unione familiare, dove la nobiltà di un territorio viene tramandata, tradotta e comunicata, il tempo può incedere blando senza scossoni, riportando alla bontà quell’intento agricolo che da queste parti è ben oltre la religione…

TERRE DI SARIZZOLA

VIA APPENNINI 9 SARIZZOLA

COSTA VESCOVATO (AL)

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