Un dolce autentico… Giancarlo Cortinovis

cortinovis

Ranica. Un paese troppo vicino a Bergamo e non ancora Val Seriana. L’industria del tessile e quel fascino archeologico non hanno ancora del tutto preso le anse del fiume Serio. Ma già hanno la loro meditazione. L’acqua ha portato una rivoluzione industriale e investitori stranieri. Più la valle sale, più ciminiere e fabbriche mostrano la loro fatica. L’abbandono è un viatico più che un pensiero. Mattoni refrattari, fornaci, vetri rotti, ponti scoscesi, bordi del fiume, ponti in acciaio e legno, rapide in serie e un continuo cambio di paesaggio. Ranica è solo l’accenno di un’archeologia industriale che, in mancanza dell’Unesco, dovrebbe essere tutelata quanto meno dall’etica pura di fottersene del popolo. “Pane e fornaci” sarebbe il motto di una zona che dovrebbe vivere sul fascino della dimenticanza. I fallimenti, gli scioperi e l’abbandono non sono buone maschere per il sabato pomeriggio. Se i tessitori, i cotonifici e i linifici hanno prodotto solo macerie, bisognerebbe prenderne atto e provare a rivenderle, rendendole per quello che sono: rappresentazioni senz’anima. Sono quello che dovremmo pensare di lasciare ai nostri posteri. Toglierle dall’abbandono e rimirarle come fossero la nostra cupola del Brunelleschi.

Ranica rimane un passo indietro. Passaggi a livello, rotonde, prefabbricati e condomini anti-taccheggio. Qui ha deciso per l’imponderabilità di una boutique country-chic, un po’ Liguria, un po’ Provenza, un po’ Vienna, Giancarlo Cortinovis, un pasticciere fuori dal conforme.

Bottega che sembra nuova mentre ha più di dieci anni, nessun tavolino e nessuna caffetteria. Per una scelta che continua ad essere una scelta. I macaron son lì per dare colore più che per essere venduti; le monoporzioni non ci sono, eccezion fatta per una “polentina e osei”, dolce che non esiste al di là della provincia, calotta in pasta di mandorla, zucchero, pan di spagna imbevuto di una leggerissima bagna alcolica, decorazione con uccelletti in pasta di zucchero e crema al cioccolato, il tutto di raro equilibrio, con un abbassamento degli eccessi e una mandorla che fuoriesce senza punte amare; le torte sono di un classicismo senza tempo, quello che serve per sfiorare i clienti. Qui, le mousse, le bavaresi, le cupole, le decostruzioni e i contrasti ambigui non sono né la quotidianità né la festa. Qui, si può solo provare a de-costruire il classico. Ma senza esagerazioni. Mimosa, delizia, Saint Honore, Sacher, Strudel, mezze lune di San Pellegrino, frolle, mignon e tartellette sono moderne, dai contrasti limitati e dalla pulizia gustativa quasi esaltante, che dell’antico si porta dietro i frantumi e che della forma si porta dietro le sicurezze. La pasticceria di Giancarlo è una pasticceria di contenuto nascosto. L’apparenza salva gli scontrini, l’ingredientistica la sua smodata passione per questa professione.

Quasi dieci anni da Achille Brena – l’Henry Fonda di C’era una volta il West che nel duello finale si trova in bocca, al posto dell’armonica, un bignè al curaro, mentre un Massari sogghignante anni ’80 style si prende in mano la pasticceria italiana, lasciando polvere e pezzi artistici sul terreno lastricato – , una pasticceria aperta, una rottura ben più che apparente con il Maestro, l’entrata in Accademia e un percorso che del personale si porta dietro tutti gli stilemi.

La pasticceria è un piccolo gioiello, pochi dipendenti, un laboratorio in fieri, una strutturazione sui grandi classici delle materie prime dolciarie (DallaGiovanna, Corman, Valrhona, Barbieri, Fugar ecc…), nessuna consulenza, pochissimi ristoranti da servire, qualche catering e la decisione verso la sacralità del suo tempo libero, del suo lunedì e della sua famiglia. La stanchezza viene molto dopo. Sua moglie e i suoi figli hanno la priorità. Uno di questi, Mattia, ha una storia da bocca aperta. Diciotto anni, liceo artistico da finire e pochissime conoscenze di pasticceria. Decisione improvvisa: partecipare agli italiani juniores al Sigep 2014. Sul pezzo artistico ci siamo, è il suo campo. Ma sul dolce siamo ai tarocchi. La costanza e la memoria sono le uniche armi a disposizione. Così impara alla perfezione una ripetizione di Giancarlo et voilà. Primo posto nell’elaborato artistico e secondo nella classifica finale. Questo è un inizio… Il rigore lavorativo un possibile dopo…

Giancarlo ha provato a rileggere quella che era la storia di Ranica e di quegli abitanti che hanno scandito ritmi e minuti attraverso il fiume Serio. I sapadùr de la Ranga (gli zappatori di Ranica) erano gli abitanti paesani quando patate e agricoltura segnavano a secco le facce dietro le lampade a petrolio. I sassi di Ranica (Ploc de la Ranga) diventano, nella pasticceria di Giancarlo, delle nocciole caramellate, lavorate con acqua, cioccolato al latte e cacao, l’omaggio che non perde mai la ragione di provare a rivisitare qualcosa di già conosciuto. Il cliente è sempre prima di qualunque altra paranoia. A Bergamo gente come Frederic Bourse ha chiuso. L’oltranzismo qui non porta a risultati. Anche i Cerea si sono dovuti adeguare. La provincia italiana è una riconoscibilità prima di tutto, così Giancarlo ha provato a rifiorirla…

 

PASTICCERIA CORTINOVIS

VIA MARCONI 109

RANICA (BG)

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