Un panificatore che ha recuperato tradizione e contemporaneità… Mentore Negri

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Pomponesco è un tuffo nelle radici contadine di chi la Pianura Padana l’ha dentro ed è stato investito dalle sue brume come se non ci fosse un domani o un luogo migliore dove esistere. Qui Bernardo Bertolucci, tra i portici del Gonzaga, la garzaia e le golene, ambientò alcune delle monumentali scene del suo Novecento, come retaggio agricolo di chi ha un borgo meraviglioso, per quanto piccolo, e lo tiene nascosto dalle industrie e dalle invidie. Perché qui la conoscenza è un pezzo di bravura che non a tutti è concessa. Triangolo di terra tra l’Oglio, il Po e quattro provincie che non scandiscono l’egemonia, questo è un luogo appartato e separato, di uomini di fiume, senza un centro unificatore ed equidistante da tutto, soprattutto dalle critiche di appartenenza che tendono ad esiliarlo come straniero. Qui la modernità è soprattutto all’interno di un terreno esausto che ha visto svolgersi povertà e non ha mai saputo da chi andare a fare la questua. Perché la sincerità di non avere un padre, non sempre paga. Anzi. Pomponesco ha la mitezza dell’opulenza di chi tiene tutto ancora nascosto dentro il materasso. Il ganassa rimane al di là di un Po che delimita e decide da quale parte devi stare, in quale regione versare solitudine e contributi.

Mentore Negri e sua moglie Virna, viadanesi di nascita, han deciso una quindicina di anni fa di aprire a Pomponesco il proprio panificio, dirimpetto al proprio diretto concorrente.

Il padre di Mentore era un panificatore della bassa, pani semplici, pre-rivoluzione, lievito di birra e lavoro notturno. Il figlio ha passato lì l’adolescenza ma non ne aveva più voglia. Aveva necessità di un antitesi e così è andato a lavorare in fabbrica. Fino ai 30 anni. Poi con sua moglie ha deciso di cambiare. Ha cominciato a leggere i libri di Giorilli e a farsi strada all’interno di un paese dove era l’ultimo arrivato. In silenzio, con il lavoro e con la qualità. Corsi con vari professionisti, biga con lunga autolisi, lievito madre in acqua e primi rudimenti sulla fermentazione e sulle farine. Mulini un po’ meno da battaglia e qualche profumo in più che potesse condizionare le scelte… e così è stato…

Il lievito madre è arrivato sotto forma di pochi kili al giorno, la quantità sufficiente per i refrattari al pane bianco e forma da finire entro cena. Ma la tecnica non era tutto nel mondo di Mentore. C’era bisogno di artigianato, di narrazione, di leggenda, di un ritorno alle origini e di un rapporto diretto con gli agricoltori.

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Nel Luadel. La sublimazione della povertà. Residuo di una panificazione di cascina dove la pasta in eccesso veniva sfogliata con il mattarello e infornata a prova di mano. Poco lievito e il calore del corpo a decidere quando sfornare. Il sindaco di Pomponesco ha raccontato queste storie a Mentore che le ha prese e le ha messe in un pane. La forma ricorda quella di pain au chocolat, sfogliato con la sfogliatrice, impasto diretto con una punta di birra e lo strutto a legare il tutto. Una fetta di prosciutto e contestualmente perfetto. È un recupero prodigioso di quello che è stato il sistema di cascine del Po. Luoghi magici che non hanno più un interesse al di là del disfacimento. Perché la pianura è crudele e le sue genti sono sempre rimaste sotto traccia.

Mentore ha provato a creare a Pomponesco un centro di eccellenza che non si fermasse solo al pane. Ha sviluppato il suo panettone, delle pizze in teglia solo a lievito madre, una rarità per una frontiera dove la scelta rimane sempre quella della morbidezza e della facilità, una pasticceria/cioccolateria con le dovute consulenze di Leonardo di Carlo e una gelateria che potesse dare alle zanzare il loro contrappunto. Entrambe da alleggerire e rimettere in circolo, così come i profumi delle farine e le durate di alcuni pani (plauso alle acidità estremamente controllate), ma assolutamente coese con quel percorso che sta cercando di portarlo verso il dubbio e verso la crisi, verso quel punto di rottura che il tecnicismo necessariamente impone. Perché solo attraverso la cultura, i meloni antichi, le garzaie, le mostarde di cascina, gli allevamenti di maiali e le scelte degli altri artigiani che hanno deciso di non tradire la propria terra, Mentore e Virna, che della provincia si portano in fondo il presagio e il desiderio, possono rendersi conto di quello che hanno fatto e di quello che potrebbero fare. Senza lodi ma assolutamente intransigenti. Ecco cosa significa umiltà…

 

IL CESTO DI NEGRI

VIA ROMA 15

POMPONESCO (MN)

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