Corna Imagna. Piccolo centro montano defilato e perduto. Per un soffio sopra i settecento metri, il retaggio bergamasco non è più nemmeno una delizia. Qui non si passa per caso ma per assaggiare il territorio, per dare conformazione a quelle necessità di sopravvivenza che continuano a non interessare la bellezza. Così, accanto alla storia, sui declivi oltre-urbani, vengono continuamente aggiornate case in colori improponibili. Dal rosa neon al blu fiordaliso fino agli improponibili gialli svanimento-contemporaneo. La pietra rimane nascosta, appare sotto forma di cascina in mezzo ai boschi, ha la regolarità della stalla e il retaggio culturale della chiesa. La religione è vissuta come “sacro più che come santo” (cit.). Manca la discussione sulla libertà. L’imposizione è una tradizione che mette in luce i suoi riti e il suo passato. Garantisce un ordine. Il santo è un abisso e qui in mezzo manca il pulviscolo, il dubbio, la disperazione. È tutto molto chiuso. Il modello di appartenenza è ben chiaro. Carbonai, bottegai, allevatori, casari e “pecaprìde”. C’è solo da riscoprire, da tirare fuori, da dargli forma. E così l’incontro con Osvaldo Locatelli, un casaro che ha deciso per l’individualismo in un territorio di solidarietà e conferimento, è stato un inciso determinante…
Occhi tagliati e gote rosse fino alle palpebre, parlata deferente e portamento sicuro. Un uomo che ha scelto di dare una filiera a quelle trenta vacche in lattazione, distaccandosi dagli schemi della valle, mettendo a nuovo il caseificio e lavorando sull’alimentazione. Il presupposto deve essere quello. Nessuna finzione e nessuna possibilità. Latte crudo e lattoinnesto. Due mungiture calde e sua cognata tra spurghi e stagionature. È tutto lì. La grandezza di quello stracchino alveolato e proteolizzato in crosta, che cede l’unghia alla pasta e che in bocca ritorna con quell’esotico, un po’ banana e un po’ cenere, è tutta lì. Nel momento in cui la fermentazione non va oltre, riuscendo comunque a concedere il tempo giusto dell’affinamento. Quello in cantina, su assi di legno, dove la scelta del cliente passa dal sempre-fresco al grattugiato, dove si valorizzano la materia prima e quelle forme, tra il simil-Branzi e lo stracchino tondo (doppia cagliata, bucato in crosta ed erborinato all’interno), che si portano dietro la valle, ammiccando nel giusto alla contemporaneità. Poche erbe e ancora meno aromatizzazione, potrebbe finire tutto allo strachì, basterebbe non cedere alle tentazioni, seguire la scelta rimanendo nei luoghi, in quelle storie di Osvaldo a metà strada tra un dialetto incastonato e la voglia di presente.
Famiglia numerosa, gli anni della sussistenza, quelli delle quote latte, quelle del conferimento e il desiderio di essere padrone del proprio destino, di fare un investimento sulla trasformazione prima che sull’allevamento. Stalla in affitto, brune alpine quasi nella totalità e poco più di venti litri di latte al giorno.
Osvaldo ha ripreso il mestiere della madre portandolo nel secolo. Questo ha generato sguardi provocatori e silenzi retrattili. Il paese è piccolo, la comunicazione è spregiudicata e la comunione è un rito da sagrato e da caseificio. Il resto sono quei formaggi che non hanno bisogno di una spiegazione. Hanno un gusto al di là di tutto, dei bergamini, della rottura e della montagna. Questa valle è la bellezza di due occhi che guardano la fatica riportando a casa il pudore. Così, per un taleggio e un retrogusto di latte straordinario…
AZIENDA AGRICOLA LOCATELLI OSVALDO
VIA MARCHE 18
CORNA IMAGNA (BG)
Sono stata a Corna Imagna a luglio con il gruppo scout di cui sono capo. Ho conosciuto Osvaldo e ho avuto il piacere di fare insieme a lui lo stracchino con il latte crudo delle sue vacche. E’ stata una magia veder nascere il formaggio dal bianco del latte e dalle sue mani rudi e sapienti ed una magia assaggiarlo, con il gusto di averlo fatto un po’ anche io. E’ una persona vera che ama quello che fa. Il sapore di quel formaggio, anche per questo, è inimitabile.