Agugiaro & Figna: la macinazione dall’altro lato…

agugiaro

Curtarolo. Al passaggio del Brenta. Un comune come tanti in quel susseguirsi di strade e case basse, ognuna uguale a quella dell’angolo precedente. Il richiamo della città non è nemmeno la necessità di dormire distante per essere a portata di macchina, il semplice è un cenno più da portafoglio che da piacere e i sagrati devono dividersi la popolarità con i centri commerciali e le televisioni accese. Questi paesi dormitorio non hanno mai smesso d’inserirsi nel bel mezzo di passati fatti di piroghe e di reperti millenari, e non hanno mai conquistato un luogo che non meritasse apatia e nostalgia, in quel limite lavorativo che è la giornata dalle 19 alle 23. Le attività produttive sono il perno attorno a cui ruotano passeggini e modi di tirarsi dietro la porta e Curtarolo non ha provato a diventare un’eccezione. Durante discussioni estive dove capirsi diventa l’unica attitudine, i Mulini Agugiaro sono un buon faro a cui richiamarsi nella definizione del posto di provenienza.

La storia parte da lontano, da un mulino a pietra (Agugiaro) diventato nei primi anni del ‘900 un mulino a cilindri e dalla famiglia Figna che, nel parmense, pochi anni dopo l’Unità d’Italia ha inaugurato la sua prima attività molitoria. Una quindicina d’anni fa si uniscono, fanno convergere i propri mercati, allargano le possibilità e lavorano su una comunicazione d’intenti. Padova, Parma e Perugia, tre poli e un solo porto, Ravenna, più o meno equidistante, da dove far arrivare il grosso dei cereali. Container di grani da Stati Uniti e Canada. Il resto Europa e Italia. Con delle nicchie di farine deboli, biologiche e da grani antichi che, lentamente, stanno cominciando a conquistare i profumi più che i mercati. Pochi quintali, rispetto alla produttività delle farine per pani e pizze (circa 4000 quintali al giorno per i due stabilimenti principali, un po’ meno per quello in Umbria), per clienti abituali con cui intrecciare rapporti al di là dei rappresentanti e al di là della catena di montaggio.

Giorgio Agugiaro, la metà della luna più a nord, è un mugnaio ravveduto, cortese di una cortesia lontana, profondo cacciatore di beccacce, ascoltatore senza imposizioni, al di là dell’importanza del ruolo, non mostra l’indolenza del potere, quella che crea scalette e file d’attesa per pochi minuti illuminati, è legato strenuamente alla consistenza delle sue farine, imprenditore del nord est con maniere gentili e il lavoro come parametro della cura.

Per me, ospite oscuro dell’altro lato, di un mulino industriale da numeri e controlli, è stata una prima volta senza reticenza, in quella medietà che vede sempre l’artigiano collaborare con l’imprenditore e il fatturato come ultimo parametro della qualità. E così, capire il sistema di produzione, percepire una presenza dell’uomo non “assurto” all’automatico pigiatore di pulsante, vedere la grandezza di una struttura, dove le macine rimangono comunque circoscritte ad una stanza ad elle dal doppio mulino, i buratti si muovono in simbiosi generando cacofonie da quotidianità sorde e le selezionatrici ottiche sono la sublimazione della contemporaneità molitoria, e scoprire che i software hanno anche il permesso di accendere e spegnere l’impianto direttamente da un computer casalingo, è stata la percezione di una dualità che si potrebbe velocemente risolvere.

E se l’appello non può andare né al gusto né all’olfatto, conoscendo bene ritmi e tempi dei contadini, quello che Giorgio mette a tema è la possibilità o l’impossibilità di controllo, per agricoltori, piccoli e medi mugnai, refrattari al glutine e combattenti dal cereale esotico sempre in malafede, di verificare la presenza di aflatossine sul cereale in campo dove lo sviluppo non guarda i piedi scalzi e i cercatori di antichità. Ed è lì, questo il suo parere critico e realistico, che l’industria può e deve fare la differenza. Nel dare indietro un prodotto sicuro, senza dubbi e magari senza appiattimenti.

L’altro lato, quello più produttivo e meno sofisticato, ha una ricerca diversa, più legata ad un approccio tecnico che ad uno culturale. Giorgio non crede molto alle belle facce ma crede ad un rapporto umano in cui la pizza deve rimanere pizza e i volti devono riconoscersi al di là della conoscenza. E così, quella casa che guarda il fiume appena fuori i mulini è diventata il suo centro di elaborazione, sperimentazione e controllo del prodotto finale. Tutte le linee Agugiaro & Figna sono testate in una panetteria/pizzeria/pasticceria che è una raccolta di forni, impastatrici e sfogliatrici… il sogno dell’artigiano che viene usato solo per sperimentare. La perversione della possibilità non è per tutti e Giorgio, fuori dai denti, devo dire che la indossa con rigore e leggiadria…

AGUGIARO & FIGNA

VIA MONTE NERO 111

CURTAROLO (PD)

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