Bosentino. Un fondo valle appena diventato montagna, di fronte al lago di Caldonazzo, con quei momenti pedemontani che richiamano anzianità da tutta la regione. Luoghi placidi di coltivazioni di mele e di granoturco, con la Valsugana appena fatta fuori in quei retaggi da sfruttamento tenue che il Trentino cerca sempre di far dimenticare. Perché qui è tutto geometricamente roseo, il candore è la maschera d’eccellenza di una mattina e di un’estate che non può mai essere disillusa, qui gli alpeggi sono abbastanza distanti e così le piste da sci. Lavarone, Lagorai e Folgaria sono richiami solidi almeno tanto quanto il lago, ma la distanza provoca sempre urticanti idiosincrasie e così Bosentino rimane vagante tra bellezza e richiamo. Qui fare l’artigiano è una redenzione sulla strada della cooperazione. Quando i prezzi scendono troppo, quando consorziare il proprio prodotto significa dividere la minestra in due o tre, la soluzione è quella di provare a fare da sé, sapendo benissimo di dover trasformare il pregiudizio in critica e la critica in ammirazione. E così la famiglia Valcanover è passata da una padella ad un regalo e da un regalo ad una lotta all’ossidazione… Continue reading Cà dei Baghi: la precisione della frutta… Famiglia Valcanover
Categoria: Artigiani del gusto
Lagorai: un malgaro iconoclasta… Marco Pompermaier
Comune di Torcegno. Malga Casapinello. Lagorai. Un nome che incute timore, lontano dalle rotte turistiche, sospeso tra la passeggiata del fine settimana e una vista senza requie. Non è un luogo remoto ma nascosto. Chi lo conosce se lo tiene per sé, perché la bellezza di questa montagna senza contingenze ti richiama verso l’infinito e verso la paura. Di guardare di sotto, di aspettare che la notte diventi notte e di guardare quegli animali al pascolo contendersi il possesso della montagna. Perché qui si fa formaggio da centinaia di anni e il sistema malghe è uno dei meglio strutturati dell’arco alpino. Si possono fare i maggenghi, le erbe sono in abbondanza e Valsugana e Val di Fiemme tengono per sé tutte le contraddizioni dell’estate in quota. Questa è una montagna facile che ha ancora il vezzo dell’illusione. Privati, clero, feudi e comuni. Qui la faccia dei malgari è sempre passata da scelte altrui. Il possesso è un fievole affitto da condividere in sussistenza, portando su le vacche degli alpeggiatori in contumacia. Continue reading Lagorai: un malgaro iconoclasta… Marco Pompermaier
Una famiglia che sta raccogliendo il futuro… Giuseppe Vicentini
Maragnole di Breganze ha quell’aria pedemontana sormontata dalla grandezza di quei luoghi della provincia vicentina che hanno fatto qualunque storia: Asiago, Bassano, il Grappa e Marostica. Ecco, lì in mezzo, districarsi tra gli alberi di ciliegie, i torresani e il torcolato, è un modo urbano di guardare quella che è una pianura indotta, riponendola sullo stesso piano della fuga. Le frazioni sono stradine di campagna appena cominciate. Perché l’industria da qui non se ne è mai andata e ha permesso all’artigianato di avere i parcheggi pieni. Senza ipocrisie e senza idiosincrasie per la pelliccia stufata e per la buonanima del prozio che ha fatto i soldi vendendo moto e attrezzi agricoli. In luoghi come questo, le attività sono silenziose e durano 24 ore al giorno 365 giorni l’anno, non conoscono pause, non sono refrattarie alla fatica e mettono la famiglia al centro di tutto, glorie ed oneri. Perché siamo in un sud del mondo ricostruito ad arte. Questo Veneto è un retaggio ibridato di un terreno assolato a cavallo del Mediterraneo. E qui, cosa meglio di una saga familiare può tenere banco come paradigma immortale? Continue reading Una famiglia che sta raccogliendo il futuro… Giuseppe Vicentini
Alpeggiare sul Grappa contro la siccità… Girolamo Savio
Malga Coi Veci, comune di Borso del Grappa. Al ventiduesimo kilometro di salita verso Cima Grappa si gira a destra, qualche kilometro di sterrata e si arriva a contemplare quell’ossario naturale, ricoperto dalla terra e dalla noncuranza. Perché il folklore turistico che spinge verso la vetta, non è quello delle trincee e delle gallerie che spianano davanti agli occhi dei tornanti. Qui si è fatta la Grande Guerra: in fuga da Caporetto sono morti migliaia di ignoti, recuperati alla beltà del tempo dai pullman turistici che invadono musei ed alpeggi. Perché una celebrazione alpina rimane sempre sul lato disumano della commemorazione: quello del tempo scandito dagli anniversari. Qui è meglio non scavare, è meglio rimanere alla superficie delle situazioni burocratiche di una forma di abbandono e di auto-abbandono. Le vacche sono sempre salite e sempre continueranno a farlo, anche quando la tutela non avrà più il volto segnato dei malgari, ma quello urbano degli amministratori di sistema. Questo era il regno della Burlina, rustica da manto bianco e nero, lentamente scomparsa, e qui la famiglia di Girolamo Savio e di Ysabel Bordignon (tre figli tutti su in malga) continua la tradizione del Morlacco e del Bastardo del Grappa. Continue reading Alpeggiare sul Grappa contro la siccità… Girolamo Savio
“Torno ad essere un pasticciere”… Carlo Pozza
Arzignano è il paese delle conce e dei capitelli votivi. Aziende e religione sono sempre andate a braccetto in un luogo dove rimanere sembrava l’unica soluzione. L’unità sociale e l’unione con il territorio sono state qualcosa di assolutamente programmatico. Appena varcata la soglia, si è invasi dall’odore dei pellami trattati, poi è tutto una questione di case basse e ricordi sbiaditi. Questo è un paese come tanti, che ha avuto la fortuna di identificarsi con una produzione, in quel reiterarsi del tempo che, per quegli artigiani che han preso un condominio poco più raffinato di un prefabbricato color avarizia facendolo diventare un luogo di culto laico, al di là di tutto, è diventato una costrizione gastronomica a superare le idiosincrasie. Questo è un posto di riconoscenza sbiadita, che oltre il lavoro ha costretto i cittadini di fronte al bivio irrisolto del desiderio da espletare… e così la pasticceria della famiglia Pozza si è trovata invischiata in mezzo alle cattive abitudini. Continue reading “Torno ad essere un pasticciere”… Carlo Pozza
Il forno di Spino (senza nulla da aggiungere)
Spino d’Adda. Niente da segnalare. Un paese in mezzo a rotatorie, doppie corsie, nuove autostrade e capannoni. Qualche villetta familiare e qualche campo di granoturco estirpato alla sua vera natura. Una zona industriale che non è ancora diventata campagna, dove un centro c’è ma senza nessuna imposizione. Qui la voglia di hinterland si è presa tutto, fino in fondo, lasciando improvvisare chi ancora aveva qualcosa da dire, prima di andare in vacanza a bordo roggia. E così siamo arrivati fino a qui, in un piovoso sabato agostano, con il dubbio lancinante di essere nel posto sbagliato quantomeno al momento sbagliato. Continue reading Il forno di Spino (senza nulla da aggiungere)
Salumi in mezzo ai fontanili… Famiglia Zanaboni
Corte Palasio. Sponda sinistra del fiume Adda. Il più classico dei non paesi di origine alluvionale. Un migliaio di persone sparse dedite all’agricoltura e all’allevamento di Frisone da latte. Poca inventiva e una strada che finisce nel nulla, in una piazzetta dove abbandonare il pudore e dove scontrarsi contro un ristorante ormai chiuso. L’Adda, lì a pochi passi, genera quella rigogliosa natura che non regala più nulla all’immaginazione. Sottesa dietro cumuli di trinciato, lascia da parte il fluviale per dedicarsi tranquillamente al languore. Le cascine recuperate han tolto verità e le costruzioni per biciclette hanno portato la cultura del solido al punto di non ritorno. Questa è zona di fiumi e di fontanili, di quei retaggi agricoli da marcita e di quella Pianura Padana che ha ripreso l’acqua del Po rifiutata dalle stratificazioni e l’ha rimessa tiepidamente in circolo per creare quelle leggende che, quando la nebbia non la tagli nemmeno con l’immobilità, fuoriescono misteriose e affascinanti. Dissidi, lamenti e feste sull’aia. La cultura è andata talmente lontano da portare verso casa qualche fuggiasco ancora alla ricerca del folklore. Così i quarantenni di Corte Palasio erano i ventenni di Corte Palasio e l’agricoltura è solo diventata più sostenibile, cercando vie alternative a porcilaie coi letti a castello e fermentazioni acetiche per bovine iper-produttive. Continue reading Salumi in mezzo ai fontanili… Famiglia Zanaboni
La futura polenta di una volta… Mauro Longo
Fubine. Dove una volta c’era l’aristocrazia ora c’è una sonnolenza incompiuta. Si schivano campi di granoturco e di girasoli e si arriva a guardare l’ennesimo paese che sovrasta sudditi avvezzi al tempo libero. Questo era il paese dei conti Cacherano di Bicherasio, qui veramente il sangue blu si era intinto di rosso e il favore del popolo non era un acquisto d’indulgenza. Emanuele Cacherano di Bicherasio è stato nobile, imprenditore e amico dei più deboli. Ha fondato la Fiat e ha permesso il passaggio dall’oligarchia agricola a un sensato comunismo di gestione. Fino alla morte in circostanze oscure, tra il suicidio e l’avvelenamento. Tutto insabbiato naturalmente, perché un progresso tecnologico che sfami il popolo, ancora oggi, ha una benevolenza da pozzanghera insozzata. Contadini, emigranti e partigiani. La storia di Fubine è uno spaccato del nord Italia, senza scampo. Continue reading La futura polenta di una volta… Mauro Longo