Dove la carne è una laica religione… Vittorio Giovine e Loredana Lovisolo

vittorio

Nizza Monferrato ha una fama che la precede, è luogo di vini, di ristoranti, di ristoratori e di straordinarie tradizioni gastronomiche, su quella strada che dalla finanziera porta verso la farinata passando per l’agnolotto. In luoghi come questo si è fatta l’Italia, qui la sofisticazione è un rischio assolutamente non calcolato e la presa in giro un locale vuoto. Crescono le nuove generazioni e rimangono interdette: la necessità è che qualcuno le guidi. Non si deve tradire questa storia in questo luogo. E così per poco più di diecimila anime ci sono tredici macellerie non contando i supermercati. Qui la carne è il culto laico dell’appetito. A partire dalla vetrina. C’è uno studio dei particolari, degli abbinamenti, delle tradizioni da non sbagliare e dei colori da restituire alla salivazione che è ieraticamente un continuo contro senso. Rimasto indietro in un anacronismo pantagruelico, il gusto torna bambino e Nizza Monferrato diventa il parco giochi della mia immaginazione culinaria… Continue reading Dove la carne è una laica religione… Vittorio Giovine e Loredana Lovisolo

Pasta fresca e basso profilo… Sergio Tonella

raviolini del plin

Nizza Monferrato è un bel rimpasto della storia d’Italia. Quella gastronomica che passa dalla barbera agli spumanti, dal bue piemontese al cardo gobbo fino alle conserve Cirio, quella politica, quella architettonica e quella che, non disdegnando la collina, ci ha tenuto a mantenere un’identità atavica inurbata in una contemporaneità senza pietà, dove le aziende da rotonda senza fine si alternano ai portici dalle botteghe storiche pronte ad accadere. Qui le piazze diventano parcheggi e i vicoli mantengono inalterato il desiderio di passeggio. È un luogo perversamente rilassato, adagiato, quasi confuso, dove le membra si sdilinquiscono nell’impossibilità di scelta. Ci sono troppe sollecitazioni, troppi stimoli, qui il cibo è una cosa molto più che seria, le tradizioni sono sempre un punto di arrivo che riguarda il futuro più che il passato. Nizza è un bel posto per qualunque vecchiaia, dove la fiducia verso il bottegaio è costruzione di ospitalità e accoglienza, e dove il riguardo per il tempo che passa difficilmente si trasforma in noia. Qui m’imbatto per caso in un pastificatore sotto traccia, normale, quotidiano e assolutamente legato ad una conoscenza cittadina e ad una esaltazione dei borghesi da fine settimana ristrutturato. Continue reading Pasta fresca e basso profilo… Sergio Tonella

Mostarde originarie… Emiliano Bedogna

ZUCCHE ORNAMENTALI

Guastalla, estremo lembo della provincia reggiana. Qui sei sempre uno straniero in patria. Per gli abitanti di Reggio sei un mantovano, per quelli dall’altra parte del Po un emiliano senza terra. Ecco lo stato apolide dove le vacche rosse reggiane recitano la pantomima del proprio latte e della propria particolarità, nascosta dietro muri di insolvenza e di proditori racconti e dove la produzione è una continua filiera. Ma fortunatamente posso lasciar perdere il pomeriggio assonnato di un mezzo sofisticatore dal Parmigiano afoso e dedicarmi ad un dialetto che mi rende afono e a quel centro storico a metà tra i Gonzaga e il Liberty che i colori pastello si son presi, rendendo tutto un po’ più fiabesco, soprattutto nell’assenza da calura estiva. Qui ci sono anche strade che dirimono indicazioni geografiche protette e terreni in discesa verso il grande fiume che hanno da sempre determinato le principali colture. Che non sono mai cambiate, che rappresentano la povertà di tempi e di terra. Perché la disillusione verso una fuga che possa portarci verso il capello impomatato e il destino da rocker da balera è sempre dietro l’angolo. Basta continuare ad osservare, chiedere e osservare. Continue reading Mostarde originarie… Emiliano Bedogna

Agli albori della coltivazione… Valter Cavalli

CAVALLI

Casalbellotto. Frazione di Casalmaggiore. Estremo lembo della provincia cremonese, in quella zona senza definizione a cavallo tra il Po e l’Oglio, dove tutto è più rarefatto, dove le industrie si nascondono sotto terra e dove l’agricoltura è sempre stata il punto di approdo della povertà più profonda. Questi luoghi sono appannaggio di contadini e di piccole divisioni territoriali, dove ognuno si è sempre coltivato il suo, guardando il vicino come la normalità. Terre argillose che han sempre ridato indietro angurie e meloni, meloni e angurie, angurie e meloni. In uno scandire di stagionalità che non ha dato molto tempo al pensiero. Anche perché il convenzionale era già un mezzo dileggio e chi provava a fare qualcosa di diverso non veniva nemmeno preso in considerazione. Luoghi della memoria di un sistema cascina che val bene una giornata fuori dal pensiero. Perché qui, al di là della quotidianità, il tranquillo è ancora l’unica forma di coscienza. C’era la cooperazione per il potere e adesso è rimasta quella per arrivare alla fine del mese. Il tutto senza troppe preoccupazioni, con gli sguardi sbigottiti dalla vendita diretta e da quella contemporaneità che prova a respingere le grandinate con i teloni. Continue reading Agli albori della coltivazione… Valter Cavalli

Un panificatore che ha recuperato tradizione e contemporaneità… Mentore Negri

negri

Pomponesco è un tuffo nelle radici contadine di chi la Pianura Padana l’ha dentro ed è stato investito dalle sue brume come se non ci fosse un domani o un luogo migliore dove esistere. Qui Bernardo Bertolucci, tra i portici del Gonzaga, la garzaia e le golene, ambientò alcune delle monumentali scene del suo Novecento, come retaggio agricolo di chi ha un borgo meraviglioso, per quanto piccolo, e lo tiene nascosto dalle industrie e dalle invidie. Perché qui la conoscenza è un pezzo di bravura che non a tutti è concessa. Triangolo di terra tra l’Oglio, il Po e quattro provincie che non scandiscono l’egemonia, questo è un luogo appartato e separato, di uomini di fiume, senza un centro unificatore ed equidistante da tutto, soprattutto dalle critiche di appartenenza che tendono ad esiliarlo come straniero. Qui la modernità è soprattutto all’interno di un terreno esausto che ha visto svolgersi povertà e non ha mai saputo da chi andare a fare la questua. Perché la sincerità di non avere un padre, non sempre paga. Anzi. Pomponesco ha la mitezza dell’opulenza di chi tiene tutto ancora nascosto dentro il materasso. Il ganassa rimane al di là di un Po che delimita e decide da quale parte devi stare, in quale regione versare solitudine e contributi. Continue reading Un panificatore che ha recuperato tradizione e contemporaneità… Mentore Negri

Agriturismo Serec: un’accoglienza al di là di tutto… Francesca Corona

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Tra Angolo Terme e il Lago Moro, in quella Val di Scalve bresciana che non lascia più nulla all’immaginazione. Tranquillità, vacche al pascolo, periodiche campane e un luogo dove lasciarsi andare all’ecologismo spinto, in uno di quei laghi pedemontani che per un attimo fanno dimenticare l’ossessione possessiva della Val Camonica che ha un presente sempre più lontano dall’ortodossia. In questi luoghi è bello trascorrere una giornata, provare a non vedere e lasciarsi sdilinquire dai passaggi della natura che permetterebbe tutto se solo ci fosse accortezza. Il problema sul lungo periodo è la quantità di poesia da trasformare in vendita. E lì si rimane sempre troppi o troppo pochi. Dipende da che lato si guardano gli alberi. Perché per avere dell’autorevolezza, è necessaria un po’ di programmazione e quel minimo di disagio culturale che ti fa venir voglia di mettere la testa fuori e provarci. Queste valli hanno fagocitato le proprie produzioni, lasciando per strada qualche eretico e qualche agriturista innamorato delle proprie possibilità. Continue reading Agriturismo Serec: un’accoglienza al di là di tutto… Francesca Corona

Iconici frutteti in mezzo all’indifferenza… Romano Micheletti

MICHELETTI

Bolgare. Tra l’autostrada e la strada statale. Ricordi da piantagioni di gelsi. Il granoturco e il frumento hanno lascito spazio all’industria e a quell’artigianato da rotonda che ha sempre minimizzato il ruolo del capannone. Paese placido con ritrovo mattutino e un susseguirsi di incoerenze al di qua e al di là del contemporaneo. Quella che è vista sulla Valcalepio è molto meno di un fine settimana, il resto si nasconde nei cartelli stradali dietro qualche sparuta vigna e dietro qualche rotonda che è lì per aprire e non per chiudere. Sì perché la pianura conforme diventa in un attimo polvere territoriale e frutteti sotto vista, in quel concorso esistenziale che ha reso l’agricoltore più forte e con più possibilità. L’assenza di assuefazione visiva ha messo in circolo delle idee e delle rivoluzioni. E il perno è quel Romano Micheletti, alfiere del buono e del giusto, e simbolo di una frutticoltura diversa, più pregna. Continue reading Iconici frutteti in mezzo all’indifferenza… Romano Micheletti

Il vitello sanato, una forma disillusa di tradizione…

sanato

Viverone è un lago diviso da tre principi, il nascondimento dell’autostrada e dei boschi, il turismo lacustre che non lascia scampo e la dolcezza di colline coltivate a kiwi e vigneti. Come prolungamento dell’Erbaluce e di una vinificazione sepolta da anni dissidenti che non han portato altro che uno stato di cose in transizione, questi luoghi han resistito al verde scuro. I boschi sono stati messi in riga dagli allevatori e dai raccoglitori di legname, da quelle persone che hanno invaso con circospezione e costanza, che han fatto della natura un mestiere senza necessariamente tradirla. Sono sentieri con poche indicazioni e ancora meno strutture recettive. C’è quell’unico ristorante che ha visto sposarsi, cresimarsi e battezzarsi tutti i membri delle famiglie agricole. Perché qui la vicinanza è più che fondamentale e l’abbandono non è nemmeno un cenno di resa. 365 giorni all’anno al lavoro. Perché gli animali non aspettano il decoro. Continue reading Il vitello sanato, una forma disillusa di tradizione…