Borgo Monti: scientifiche confetture… Samantha Franz

franz

Domodossola è bellissima, è veramente uno stupore poco conosciuto. È una città di architetture civili, di stemmi ossolani, di passati idroelettrici, di portici e palazzi, ma soprattutto è una città di pietra e di pietre, con queste piazza ad adornare il francesismo dei fiori, la profondità delle fontane e queste facciate diseguali che rendono tutto multiforme senza necessità dei colori, ma rimestando in un passato che ha mantenuto lavoro e bellezza sulla stessa lunghezza d’onda. Luogo apotropaico e misterioso, è come se i collegi, le centrali e gli archi avessero preso il posto della stregoneria, della mistica e delle manifestazioni senza tempo. La cultura Walser è fatta di disinquadrature, di molti ciottoli e di poco regime, vela il luogo molto più delle montagne e di quei paesi che ineriscono a quella città conosciuta più per l’alfabeto fonetico che per la realtà. E qui a Domodossola fare artigianato è una questione di comprensione del contesto e del territorio. Continue reading Borgo Monti: scientifiche confetture… Samantha Franz

Forno Ossolano: un labirintico laboratorio di montagna… Germano Meneghello

ossolano

Crodo. Terme, Crodino e punto di partenza per le valli del Bettelmatt, quella fontina locale che negli anni si è trasformata in leggenda e nei sapori amarognoli dell’erba mottolina. Qui le valli si diramano ma con leggiadria. La bellezza della fuga è la stessa che si ritrova nel rimanere, nel restare in attesa che qualcosa accada, che gli anni d’oro tornino a ruggire e che questi luoghi recuperino la sacralità del tempo che fu, quel tempo di confine che ha confuso gli idiomi e ha mischiato le tradizioni. Così ci sono vari motivi gastronomici per approdare a Crodo, è un luogo molto libero, dove la serenità non è nemmeno più una ricerca ma un abbandono, quasi una perdita dei sensi. Qui in mezzo, lavorare sul turista ha ancora quell’invidia locale che non porta nemmeno concorrenza. Così chi fa è costretto a fare bene. E Germano Meneghello, cognome veneto e passato proletario tra le rive dell’Adda e la valle, ha messo a fuoco tutti i punti che suo padre gli ha dato in eredità. Continue reading Forno Ossolano: un labirintico laboratorio di montagna… Germano Meneghello

Giovani allevatori senza troppi lasciti… Jodi Maccagno

maccagno

Trontano. Frazione Cosasca. Rettifilo di un fondo valle dove la vista periferica spazia verso la Val Vigezzo e verso i fiumi in pietra. Perché qui tutto è squarcio. Persa la nebulosità stretta, ricca e opprimente del Lago Maggiore, la Val d’Ossola si allarga a dismisura andando a prendere pianure fluviali, vigneti, rocce sovrastanti e montagne assolutamente al di là del turismo. Trontano è immerso in quel nonsense di passaggio che porta comunque fuori, che fa sembrare le montagne ancora montagne e la lontananza lontananza. Non c’è ingerenza. Ci sono tegole in beola e c’è un’immagine diluita di quello che la neve o le facce abbronzate dalla dissoluzione, poco più avanti, si sono portate via. In quelle valli dove la “Rolls-Royce” dei formaggi detta legge e dove le croste acarizzate sono sinonimo di rughe e facce antiche. La cultura Walser è un modo di attirare e le rimanenze sono sempre legate a qualcosa di umido, di irrorato, di grondante. Orridi, cascate, rivoli, fiumi, neve, piogge. Quello che resta è un desiderio di cibo che possa contestualizzare tutto. Così vengo attirato da una stalla nuova di zecca e da una storia di gioventù e non di tradizione. Il paradosso di queste valli. Continue reading Giovani allevatori senza troppi lasciti… Jodi Maccagno

Una pizza convinta… Alan Sartirani

SARTIRANI

Osio Sotto. Pianura bergamasca. A metà strada tra il capoluogo e Treviglio, in mezzo a quelle rotonde e a quei centri commerciali che hanno perso perfino la definizione di “non-luoghi”. Nessun retaggio rurale e nessuno sviluppo industriale. Il capannone continua a puzzare di proditorio e morti sull’asfalto. In questi luoghi non ci sono più lacrime empatiche perché non si vede la fine della malinconia. È tutto nebuloso, senza un passato e senza un futuro. Chi può scappa, chi resta deve appassionarsi alle strade provinciali e ai classici caffè da rotonda, dove col cappuccino e la brioche viene omaggiata la chiave per andare alla toilette. Chi decide di percorrere il cammino dell’artigiano, lo deve fare a partire dal catrame, con un coraggio disumano, senza colline o viste eterne, senza vigne o la ricchezza della solitudine. Così, cercando di attualizzare e squarciando il depressivo, la bellezza può essere comunque trovata. Anzi deve essere comunque trovata. Perché, tra questi cartelli stradali, si sta facendo l’Italia. Senza abbandono e con voglia di esserci. Qui ed ora. Continue reading Una pizza convinta… Alan Sartirani

Paesaggi e idee per burro e formaggi… Giorgio Rusconi

5717 C4

Versasio. Frazione sopra Lecco sulla strada per i Piani d’Erna. Bivio, che abbandona per strada i suv e le facce abbronzate direzione funivia domenicale dove preparare i racconti per l’ufficio, e direzione altopiano scosceso, dei prati tracciati, un po’ di neve, un po’ di bosco venatorio e un po’ di sguardo sulla Grigna. Questi luoghi che si dimenticano del lago, che tralasciano la Valsassina e che sono nascosti appena fuori l’appetito non hanno nemmeno più le tracce sulla terra bagnata, non hanno nulla che non dimenticanza, appiattimento sotto le montagne dei milanesi e fughe a produrre latte per cooperative e grandi aziende casearie che il latte lo comprano, lo pastorizzano e lo trasformano. Seguire una filiera in questi declivi che ridanno indietro solo fieno è qualcosa di assolutamente post-moderno. E così Giorgio Rusconi, il nome più “lombardamente” desiderabile a queste latitudini, ha preso in mano l’eredità dello zio, la sua rusticità, la sua ruralità, l’amore economico per le quote latte e la voglia di rimettersi in gioco, cinque anni fa, per provare a trasformare il latte e la panna. Continue reading Paesaggi e idee per burro e formaggi… Giorgio Rusconi

Il Mongetto: due fratelli e la gastronomia al tempo dei quattrini… Fratelli Santopietro

mongetto

Vignale Monferrato è un paese del passato, di tempi in cui Milano era un’anti-fuga raggiungibile e le colline locali un approdo quasi necessario. La bellezza è una bellezza intatta, dove gli infernot scavati nella pietra da Cantoni rappresentavano, rappresentano e rappresenteranno una zona più di mille parole. Qui si portano i turisti per interrarli tra muffe e bottiglie di vino, e li si scoprono lasciandoli in mezzo a vitigni, girasoli e noccioli. E così questo sarà sempre un luogo borghese dove trasformare la settimana in una lunga preparazione della domenica, dove sfoggiare la tenuta da caccia o la macchina con la capote. Un’avvenenza da danzatori estivi e da partite di tamburello, dove la diversità è un modus operandi che ha trasformato il contadino in vignaiolo e la naturalità dei vini in nomenclature successive dove Barbera, Rubino e Grignolino sono ancora lì fermi nelle loro bottiglie, nei loro enologi e sotto le proprie coperte. Così il Monferrato è un bel viaggio nel tempo. Estetico e statico. Continue reading Il Mongetto: due fratelli e la gastronomia al tempo dei quattrini… Fratelli Santopietro

Cascina Daneto: le forme del riso… Famiglia Debernardis

Occimiano. Qui finisce la pianura, finiscono le risaie, terminano le nebbie e si dileguano quelle basse abitudini che non hanno altro che cascina. Appendice del vercellese, in una zona vocata alla fuga, alle strade lunghe e al senza meta del santo pomeriggio, qui gli sguardi, ancora, sono rimasti fermi allo stupore per l’industriale. Tetti rossi e una tranquillità da latrato. Il Monferrato è uno spauracchio impossibile da non guardare e a cui non fare riferimento. Chi ha deciso per la pianura, però, non ha potuto fare altro che adeguarsi, rivendere tutto alle grosse aziende e magari tenere qualcosa per le proprie cene e e per i propri amici. In pochi sono riusciti a ribaltare l’imposizione territoriale, in ancora meno a creare una comunicazione al di fuori di quelle quattro zone in Italia (Vercellese, Lomellina, Baraggia, Bassa Veronese) in cui il riso è molto più di una religione. Cascina Daneto è un buon posto dove provare a cercare un’eresia. Continue reading Cascina Daneto: le forme del riso… Famiglia Debernardis

Casa e bottega di un macellaio piemontese… Gian Paolo Guastavigna

guastavigna

Bergamasco. Provincia di Alessandria. A ridosso delle colline del Monferrato, in pianura ma per caso, con quella vista innevata che spazia su tutto quanto è buio e dimenticanza. Un luogo come questo è fatto di ritiro, di piccole abitudini e di ancor più piccole assuefazioni. C’è un castello, c’è un centro con della storicità rialzata, ci sono delle curve che confondono e dei limiti assolutamente indefiniti che non portano da nessuna parte. Un territorio che va cercato, che non arriva per caso, che non lo trovi davanti per grazia divina, e più si nasconde più ci sarà qualcuno che continuerà a perlustrarlo. Ottocento anime per una campagna poco laccata, remota, veramente rilassante. Quattro giovani escono ed entrano da una chiesa che diventa il perno di una confidenza molto al di qua delle mode e molto più legata ai risparmi. Perché qui la globalizzazione è un filo spuntata, meno pervicace e più decadente. Dopo qualche minuto decido per la mia meta. Una minuscola bottega nell’angolo di una minuscola piazza, senza passaggio e senza passeggio, segna la vista per qualsiasi tradizione. Il bovino piemontese è un gonfalone che determina la transizione. Non si passa oltre, ci si ferma lì, in questi luoghi che dell’allevamento/macelleria ne ha sempre fatto un culto. Non si scappa, non si può, il veganismo dilagante qui continua a rimanere inter-detto perché persone come Gian Paolo Guastavigna han sempre parlato un verbo incontrovertibile. Continue reading Casa e bottega di un macellaio piemontese… Gian Paolo Guastavigna