Olio denocciolato in una Sicilia perduta… Giovanni Manzella

MANZELLA

Ventimiglia di Sicilia. Sopra la diga Rosamarina, campagne adornate e campagne poco adorne. La strada che parte da Trabia è una curva continua di profumi e alberi da frutto. Questa terra non è mai stata al centro di un’attenzione al di là degli incendi e degli arresti illustri. Anche la Dop dell’olio è stata una conquista, perché, in questo luogo tenue di case paesane, di forestali in attesa di lavoro, di galline in mezzo alla strada e di poca attrattiva per il turismo, la cultura dell’ulivo ha sempre mancato la conoscenza necessaria per apparire. Così, chi la serietà la vive come una missione, tra Ventimiglia e Caccamo, può fare un olio che non esiste, fuori da qualsiasi logica, con quella tranquillità da assenza di concorrenza e mercati inesplorati che è già racconto. Continue reading Olio denocciolato in una Sicilia perduta… Giovanni Manzella

Un pasticciere al centro di tutto… Giuseppe Sparacello

cannolo

Castronovo di Sicilia. Paese. Tempi lunghi e dissolvenze in nero. Nessun desiderio di esistere, solo una necessità di rimanere che non porta da nessuna parte. Giovani seduti su sedie di plastica, un silenzio surreale e un po’ fastidioso, costruzioni in salita, macchine fuori tempo massimo, un anacronismo sincero di bisogni che per anni non hanno ritenuto necessario avere una bottega di pasticceria locale. Castronovo di Sicilia è l’unico paese, in mezzo ai Monti Sicani, a non avere un dolce tipico, una sagra che lo celebri e una possibilità di far ruotare un po’ d’eccellenza attorno a quattro uova e ad un kilogrammo di farina. C’è solo un modesto concorso per torte casalinghe che ai laboratori preferisce la televisione, la mitologia del prodotto firmato e quell’incoerenza del “fatto in casa” che zittisce tutti i dubbi e tutte le fragranze. Castronovo è la sembianza più attuale del luogo di conquista. Continue reading Un pasticciere al centro di tutto… Giuseppe Sparacello

La tuma che non si è persa… Salvatore Passalacqua

passalacqua

Castronovo di Sicilia. Propaggini dei Monti Sicani, appena fuori la Palermo-Agrigento. In quella via dei formaggi che è dossi naturali, avvallamenti, asfalto disintegrato, sterrato ma soprattutto aziende agricole segnalate ma assolutamente irraggiungibili, in quella speranza mista a preghiera che non delude mai. Questa è la Sicilia vera di Tomasi di Lampedusa, quella dei campi di grano e quella degli ettari dimenticati, dove il giallo è sublimazione di povertà e attesa, e i volti sono ancora sepolti sotto anni di cenere, polvere ma soprattutto indifferenza. Qui, i nomi e i cognomi si susseguono, ma è come se fossero poco importanti e poco propizi. Qui, sono i formaggi a farla da padrone e a sentenziare. Bestie scarne, pascoli atterriti e coagulatori dal pollice scarico e dalla cultura areata. Per uscire dall’anonimato: o attraverso un nome o attraverso un’invenzione incomprensibile al dirimpettaio. Qui, Salvatore Passalacqua ha messo a punto la sua tuma persa. Continue reading La tuma che non si è persa… Salvatore Passalacqua

Taverna Penta: l’anima storica della mozzarella di bufala… Filippo Morese

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Pontecagnano. Un paese delimitato da un passato inesistente. L’inizio di una piana paludosa, campi incolti, vista che si perde in un mare senza ritorno, i cittadini vissuti tra le strade di Faiano, a ridosso dei monti Picentini, e una distribuzione della ricchezza attenuata da quel lembo primitivo che permetteva a qualcuno di coltivare. Pontecagnano è arrivata tardi, insieme all’edilizia, come propaggine di quella Salerno che non è più nulla se non fuga. Così, la cartografia e la mappatura eroica, quella fatta dal viaggiatore per un’immagine statica di chi quei posti non avrebbe mai potuto nemmeno tracciarli con il dito, è lì a dimostrare un passato. I sogni erano un privilegio molto al di qua della potenziale immaginazione. Quei luoghi avevano dei profili geografici che non rappresentavano che una forma. Ma proprio lì, nella cartografia rinascimentale, Taverna Penta, o Dipinta, era un sicuro approdo poco prima di Eboli, dove il mondo finiva e iniziavano i racconti dell’orrore. E lì, la famiglia Morese, costruita a partire da una genealogia, che non ha mai un ritorno se non nella beatitudine, e da stampe antiche accertanti compravendite già nel 1500, alleva le bufale da quei tempi senza memoria che sono stati messi a disposizione del ricordo dal lavoro di Filippo, ultimo discendente di una stirpe che del passato ha fatto un fregio determinato e indelebile. Continue reading Taverna Penta: l’anima storica della mozzarella di bufala… Filippo Morese

Prodotti nella nebbia… Fratelli X*

censura

X. Pianura sud-occidentale bergamasca. Tra l’Adda, i palazzi surreali, i palazzi casolari, i palazzi nobiliari, gli inceneritori, le rotonde, le prostitute sotto schiaffo ma soprattutto la distruzione dell’antropizzazione della mia adolescenza. La BreBeMi e la nuova Rivoltana hanno lasciato sul campo piccoli artigiani, piccole aziende, grandi aziende, grandi artigiani, alberghi-trattorie da omicidio appena compiuto e necessità di un nascondiglio, venditori ambulanti, Pippo il melunaro, che vendeva angurie e cipolle di Tropea sulla Cassanese e che è stato costretto a spostarsi sulla soglia del primo albero con radici, ma soprattutto interi paesi completamente tagliati fuori da tutto, dallo scibile e dall’invisibile. La Pianura Padana è il nostro Far West, la conquista più facile di personaggi in giacca e cravatta e dalla cadenza dilazionata tra l’itagliano e il missionario. Con strette di mano convinte, cravatte annodate, giacche sudate e pedaggi astronomici. Continue reading Prodotti nella nebbia… Fratelli X*

Tuma di Langa e propensione alla bellezza… Alessandro Boasso e Arianna Marengo

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Mombarcaro è a quasi novecento metri d’altezza, in un luogo dell’Alta Langa dove le colline e gli avvallamenti lasciano spazio ai primi boschi, a quel sentore di montagna che si confonde sempre con l’abete, a quelle strade che hanno ancora impresse frazioni ma soprattutto decrescita demografica. Monte delle Barche con vista fino al riverbero del Mar Ligure… la giornata non è tersa e non soffia il Maestrale, c’è solo una pioggerellina senza sosta e anziani a bordo strada, memoria del passato e memoria, ahimè, anche del futuro. Milleduecento, ottocento, cinquecento e duecentocinquanta abitanti. Ne nasce uno, ne muoiono due e tre scappano. L’Alta Langa è terreno di weekend, di cascine diroccate e di patate, quelle che questo territorio ha sempre coltivato e quelle che questo territorio ha chiaramente abbandonato. I giovani, assuefatti alla bellezza balsamica dei tronchi, hanno solo voglia di andarsene. Un call center è sempre meglio di un pezzo di terra, la famiglia è una pagina intonsa, senza più legami se non una puzza di povertà e legno marcio. Così, per chiamarmi fin qui, ci volevano un albese e una cheraschese che, nella borgata di Casa Roccabertone, han deciso di presidiarsi. Continue reading Tuma di Langa e propensione alla bellezza… Alessandro Boasso e Arianna Marengo

Un panificatore sulla strada… quasi alla meta… Enrico Giacosa

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Alba. Una delle capitali gastronomiche del nostro gaudioso Paese. Piena di turisti, di mercati, di imbonitori, di commercianti, di studiosi, di professionisti, di produttori di tajarin, di mistificatori di tajarin, di sublimatori di tajarin, di panificatori, di chef, di pasticcieri prestati alla resistenza e di pasticcieri prestati alla prostituzione, di turisti con il cappellino a visiera e la carnagione diafana, di rotonde, di case nuove, di tradizioni culinarie, di vista sulle colline, di abbandono dei cereali antichi, di acciottolati, di tranquillità, di slow food, di osterie programmatiche, di canaline di scolo piene di vino al metanolo, di personaggi dall’accento azzardato e di vialoni compendio di tutto un viaggio a metà strada tra le vigne, i tartufi e le nocciole. Alba è una città improvvisa, tra il Tanaro e la Ferrero, con quella codardia industriale costretta a guardare conche, avvallamenti e colline, per togliere la mano dal portafoglio e provare a rilassarsi alla ricerca di uno spunto gastronomico. Continue reading Un panificatore sulla strada… quasi alla meta… Enrico Giacosa

La nocciola e la sua trasformazione… Cascina Azii

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Feisoglio è uno dei tanti comuni dell’Alta Langa tra curve e noccioleti. La vista spazia e trova filari, un po’ di boschi, qualche rotonda e molte aziende agricole. Gli abitanti del paese, da oltre cinquant’anni, tendono pericolosamente verso lo zero. È un paese di passati, di contadini, di lavoratori che hanno abbandonato i campi per andare alla Ferrero, di venditori di nocciola in guscio, di presente limitato e senza un futuro, né auspicabile né paventato. Trecento abitanti e spicci, una fetta di collina, una campagna che non ha accenti stranieri a cui vendere e una bellezza depressa sempre ottenebrata dal luogo d’elezione. Una letteratura spiccia, molto coerente, fatta di nuvole basse, verde insostenibile, rugiade, piogge sporche, crinali sospesi, affacci marini, una quantità incontrollabile di coltivazioni, di possibilità di coltivazioni e di aborti di coltivazioni, cascine diroccate, cascine dismesse e cascine riprese. L’Alta Langa è un luogo dove tutto è concesso, perché non è più “Langa”, non è ancora Liguria e i ristoranti sono ancora bar-trattorie. In questo luogo da pagina sbiadita e da Olivetti 22, l’accettazione della modernità è qualcosa di familiare dai tempi biblici. Continue reading La nocciola e la sua trasformazione… Cascina Azii