Il Gorgonzola e le sue dubbiose anse… Gianluca Arioli

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Ozzero è una casualità a pochi kilometri da Abbiategrasso, un paese racchiuso in una strada di case basse e sguardi sepolti, con le cascine ad aprire le varie direzioni e le abbazie a chiudere perversioni e pentimenti. La verdeggiante valle del Ticino. Eccoci qui. In questo emblema di terra industrializzata, dove si vedono gli alberi e si trattengono i fumi, dove i paesi vengono dimenticati sui cartelli stradali, disinteresse agnostico di chi non si è mai posto troppe domande. Eccoci qui. Finalmente posso dare alla mia voglia di Gorgonzola la stessa voglia di rettitudine. Ad Ozzero per provare a sondare l’irrealtà delle denominazioni d’origine protette italiane.

Il caseificio Arioli è uno dei più piccoli all’interno della Dop, probabilmente quello che fa il Gorgonzola più interessante, sicuramente il più buono oltre i 5 mesi di stagionatura, rarissimo non incontrare concentrazioni saline e forti sensazioni trigeminali. Il latte viene preso da poche stalle dei dintorni, tra chi lavora bene e chi lavora meno bene, il siero viene smaltito ai maiali dell’azienda agricola di famiglia che lavora qualche ettaro di terreno e produce i pochi salumi di tradizione padana (dal salame al cotechino).

Non esiste più, ma possibilmente non è mai esistito (nonostante non ci siano dei divieti), un Gorgonzola di filiera, da latte controllato di una stalla aziendale, e non esiste, e non esisterà mai probabilmente, un Gorgonzola a latte crudo. Perché la dicitura “pastorizzato” è propria dello stesso disciplinare. Perché al posto di curare le cause è molto più facile alterare gli effetti. Per porre rimedio alla greve qualità di una gran parte delle aziende agricole italiane (poco) dedite alle vacche, dove cellule somatiche e carica batterica sono parametri vieppiù disattesi, gli alti dignitari che garantiscono la nostra salubrità hanno deliberato che fosse meglio distruggere qualunque dubbio, con ottima pace di allevatori e casari assolutamente coesi e conniventi ad un immobilismo italiano che racconta storie al limite del leggendario, senza mai dare un abbrivio per una vera rivoluzione. Nel disciplinare del Roquefort (erborinato di pecora con affinità quantomeno nell’uso del penicillium), per esempio, nonostante anche lì si trovi solamente il prodotto da caseificio, il latte deve essere lavorato crudo e la stagionatura, almeno in parte, deve avvenire in grotta. Qui si selezionano i fermenti che danno i giusti sapori, il penicillium viene alternato tra glaucum e roqueforti senza nemmeno più porsi domande, il latte si pastorizza, la pasta da molle si può indurire un po’ per favorire spurghi e stagionature, le forme migliori i grandi produttori le comprano da quelli più piccoli, e si nasconde tutto dietro l’imprescindibile colore dell’erborinatura che, sviluppandosi, aggredisce un formaggio abbandonando il latte e donando morbidezza, proteolisi, lipolisi e quella pasta mantecata, che almeno nel “dolce”, raggiunge l’apice della palatabilità, quella sensazione che obnubila i sensi e ridà indietro assuefazione. E in quello di Gianluca tutto ciò è indubitabile: basterebbe aver visto le facce di chi lo ha assaggiato. I metilchetoni sono la vera ipnotica dipendenza di tutto ciò che si trova a nord del Parmigiano Reggiano.

Il Gorgonzola stagionato è pungente non piccante. Punge non brucia. Il piccante non è un gusto ma un dolore. E così ha ragione Gianluca a prendersela con i ministeriali legislatori che han deciso che non si può più usare “stagionato” bensì “piccante”. O dolce e piccante. Et voilà. E se dopo sette mesi il gorgonzola, assolutamente armonico al di là di tutte le mie ubbie, non fosse piccante ma sorprendentemente dolce? Quisquilie etimologiche per chi lavora comunque bene. Le leggi si fanno per chi lavora male. C’est l’italie!!!

E così in questo lembo tra il Ticino e il sud milanese, con i maiali nelle stalle, una serietà produttiva fuori di dubbio, un taleggio raffinato e dei tortellini messi a punto con il ripieno del suo Gorgonzola, Gianluca rimane in quella fase di retroguardia tra l’artigianato e l’industria dove alla fine si sta bene, si fa un ottimo prodotto e magari si riesce a fare anche un po’ di margine…

CASEIFICIO ARIOLI

STRADA CASCINA SEGA 2/3

OZZERO (MI)

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