La pasta è un buon inizio… Leonardo Cappo

leonardo

Borgiallo è un luogo chiuso e dedicato. Castellamonte, che si lascia alle spalle le sue bellezze e le sue botteghe di tome acarizzate all’inverosimile, è una strada provinciale che cede spazio a quel tipico asfalto che non porta verso nulla, che abbandona indietro le curve e che non prevede nulla sul proprio cammino. Il paese è un insieme di case distanti e strade che lasciano il percorso alla furia del bosco, con tronchi sparsi, buche mai ricoperte e quella carreggiata che diventa mulattiera. Pochi negozi, un’attività per ogni tipo di funzione vitale, molti parcheggi, il Comune, un asilo nido che richiama pace e un vecchio caseificio sociale (di cui è rimasta solo l’insegna) che è diventato laboratorio e bottega di un giovane provveduto con una laurea in tasca e una voglia di trasformare la quotidianità familiare in un mestiere.

Leonardo Cappo ha terminato i suoi studi a Torino, ha sperimentato il mondo dell’azienda e si è ritrovato in mezzo a quella barbarie procedurale da saltimbanchi professionisti che tirano la giacchetta pur di farti deridere. Così la non voglia di partecipare l’ha richiamato verso Castellamonte e verso quel principio semplice e familiare dove la sana alimentazione aveva ancora uno sguardo curativo sulle cose. Ha deciso di seguire sua madre che aveva trovato dei locali a Borgiallo in cui creare il proprio asilo e ha rilevato questa latteria sociale sotto i portici, al di là di qualunque speculazione. La pasta doveva essere e la pasta è stata. Il germe di grano come punto di rottura e punto di non ritorno, come quell’abbrivio che è la base di tutto. Il sano doveva diventare buono, provando a rompere gli argini. La strada è lunga ma non è detto che non ce la faccia, la rivoluzione è dietro l’angolo ed è plasmata da volti di pastai antitetici e antidiluviani, col cardigan psichedelico e la barba lancinante. Perché quando si è arrivati ad un punto bisogna cominciare a distruggere quello che si è fatto, instillando il germe del dubbio ad ogni passo, per ogni farina che si compra e per ogni formato che si crea. La pasta di Leonardo è un più che discreto punto di partenza.

Biologico: sia il pastificio sia la materia prima. Uova rotte a mano, due celle per l’essiccazione, trafile a bronzo, macchine sempre più professionali e pezzi d’antiquariato a vista, pasta esclusivamente secca, con varianti all’uovo. Tagliolini a nido di rondine, qualche trafila contemporanea, il fusillo non classico e poco altro. Il lavoro viene fatto sulle farine e sulle semole. La sua è una pasta e la tradizione nebulosa del tagliolino l’ha portato verso il grano duro. Qualcosa di Sobrino e qualcosa pagato un filo oltre la qualità espressa. Un farro profumato e abbastanza friabile, buona tenuta della semi integrale, acqua pulita, amidi che retrogradano bene anche il giorno dopo e farine integrali e raffinate da rivedere nella struttura (magari provando a miscelare diversi tipi di grani duri): il suo dogma temporale è quello del meno cuoce meno il grano in partenza è stato trattato. Ma il compromesso non è sempre di facile realizzazione, il sano come modo etico di operare ha bisogno di una comunicazione più ruffiana, almeno per non perdersi in quegli odori di santità tipici dei negozi biologici, dove la negazione è il primo segno dell’illuminato che non ha più desiderio del suo corpo.

Leonardo non ha nemmeno trent’anni e ha in mano la voglia di un percorso, che va affinato nella ricerca, nel gusto e nel giusto, perché la pasta deve essere sempre un punto di vista e sempre un contesto… a meno di non fare un prodotto talmente buono da non aver bisogno che di se stesso. La sfida è lanciata, ora c’è bisogno di conoscenza, assaggio e condivisione. Ma le basi sono interessanti…

 

LA PASTA DI PATTY

VIA BERTOLERO 3

BORGIALLO (TO)

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *