L’alpeggio senza orpelli… Elvis e Alessandra Perotti

Santuario_San_Besso_Val_Soana

Castellamonte è un luogo invernale, fatto di stufe in ceramica, castelli diroccati, sagrati e quella Rotonda antonelliana che tutto abbraccia, a partire dalla proteolisi di quelle tome bloccate in vetrine costruite alle spalle di gente che ha sempre visto l’alpeggio come forma di espressione e l’inverno come il tempo per tirare a campare. È l’ultimo luogo ameno prima di una serie interminabile di frazioni, di paesi senza centro e di quelle case canavesane devastate dall’abbandono e lasciate a quei patii che della casa di ringhiera si portan dietro l’immagine di una povertà retrograda. Poi improvvisamente l’ambiente cambia, le case spariscono preda della decadenza delle valli. Quelle selvagge, senza ostaggi, con la fuga delle persone a dimostrare l’indigenza. Alberghi chiusi nel nulla, ottanta persone a valle per ogni inverno e qualche turista alla ricerca del silenzio assoluto d’estate: la Valle Soana è una valle “fantastica”, come recita il suo sito web che meravigliosamente si apre sulla foto dei manifesti funebri degli ultimi ad andarsene. E lì lo stupore diventa sgomento. C’è sempre un motivo per la decadenza di una valle realmente “fantastica”. Il Parco del Gran Paradiso è lì ma è come se non ci fosse. I retaggi valdostani sono troppo lontani. Queste sono valli di alpeggiatori silenziosi, senza formaggi tipici e senza dimostrazioni di resistenza casearia. La Valle Soana è un luogo precipitosamente lontano.

Tra questi due spazi si dipanano le quotidianità di Elvis Perotti, capelli coesi col nome, aspetto rockabilly e sarcasmo pungente, e di sua moglie Alessandra, profondo focolare alpino. Vite da malgari, inverni da azienda agricola e produzione di formaggi, famiglie di allevatori che continuano ad alpeggiare, tra Soana e la Val di Susa, senza subire la tirannia del tempo che passa.

Incroci tra frisone, pezzate rosse, brune e nere valdostane, stalla contemporanea, erba, fieno e soprattutto un pascolo che comincia i primi giorni di aprile in quel piè di monte che è la loro azienda. Spazi nascosti in quell’indecenza contemporanea chiamata passato. Nessuna scorciatoia, nessun insilato, nessun rapporto con la tecnologia svilente. Due allevatori che han deciso di continuare a fare quei due formaggi che si sono sempre fatti, dai tempi dei tempi. Una toma semi grassa e una simil-fontina a latte intero. Nessun assoggettamento. Solo latte crudo, niente fermento e nemmeno innesto (nonostante dai caseifici di mezza montagna le sirene e gli inviti siano sempre un accadimento), paste un po’ più di semi cotte, la toma sgrassata per fare il burro, la simil-fontina grassa, croste con poca salamoia e nessuna lavatura, tempo agli acari e alle muffe e a quei luoghi che nella pulizia han creato la stupefazione. Nessun ammoniacale e niente elastico. L’amaro è da erba e non da caglio. La stanza di stagionatura è perfetta. Solo esperienza, un lattico profondo e una masticazione perfetta. Le deiezioni amare da affinatori metropolitani e radicali malati di acarofilia sono lontani anni luce da queste verità. Qui il formaggio si fa così da sempre, è qualcosa di strenuamente concreto, non ci sono segreti né innovazioni, si guarda al futuro perché lo chiede la giornata, ma la sofisticazione è ciò che di più lontano c’è da questi luoghi. Alessandra e Elvis sono due persone realizzate nella terra, nel loro lavoro giornaliero e in tutto quello che hanno deciso di fare, dalla tradizione alla possibilità del tradimento della stessa tradizione. Fanno formaggio e probabilmente continueranno i loro bambini, perché l’alpeggio non è una condizione di fuga, né una condizione alla fuga, ma un semplice gesto d’abitudine…

 

AZIENDA AGRICOLA ELVIS PEROTTI

ALPE AZARIA

VALPRATO SOANA (TO)

 

FRAZIONE SPINETO 58

CASTELLAMONTE (TO)

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