Le Saiotte: il tempo che non passa…Melissa Sacellini

saiotte

Berzo Inferiore. Un luogo devoto in fondo ad una valle lacerata. Manufatti di pietra, miracoli e superstizioni alla base di una Val Grigna che difficilmente si può pretendere più contadina. Dove diradano i boschi, le stalle nelle proprie brutture prendono possesso di un piè di monte che lascerebbe intatto il tempo, se ci fosse qualche ponte e più silenzio. Il Trentino è distante e così la tracotanza della costruzione deve arrivare in mezzo ai castagni rendendo tutto meno sintomatico e più presente. E si guarda in su per trovare nella torre delle Saiotte quel minimo di decenza che fa ancora aprire i polmoni per dedicarli al respiro, al sospiro e all’abbandono. In questi luoghi si è sempre prodotto e lavorato, l’estetico si è sempre ritrovato chiuso e frastornato tra le mura delle case. E così storie di aziende agricole virtuose si son sempre manifestate come resistenza. Agli urti, agli anni, alle cadute e ai fallimenti. Melissa Sacellini è una di quelle ragazze che ha continuato una tradizione per trovare una strada che le permettesse di non trascurare: se stessa e il territorio.

La sua famiglia conduce la classica azienda agricola di tradizione camuna. Stalla sotto casa e poche vacche, incroci tra pezzate rosse, brune alpine e pezzate nere. Quando il sostentamento di fondo valle non permetteva di arrivare all’estate, le bestie venivano portate in alpeggio, dove Melissa si è sempre occupata del suo e del formaggio degli altri. Adesso, che l’intuizione ha dissipato le nubi, la professione burocratica si è trasformata in lavoro giornaliero in mezzo alla terra: le vacche, tuttavia, con altri malgari in altre casere, non hanno smesso di andare su in alpe e di ridare indietro un Silter, che non può essere chiamato così per motivi prettamente legati alla non appartenenza al consorzio, strutturato, giallo ocra, sfumato al naso, magro, come da disciplinare, ma non così magro, privo di ciccosità, sette mesi di stagionatura, sgranato tendente al cremoso e senza quella necessità di portare il racconto oltre un gusto realmente corroborante.

E se il pascolo non mente, formaggelle, casolet, stagionati invernali, e un primo sale dalla compattezza lontana da queste percezioni, affermano il lavoro di cesello che Melissa ha trasformato nella sua impronta. Al di là delle discussioni e delle modernità. Qui si possono vedere le stabulazioni antiche delle vacche, le stalle buie, i campi irrorati, le galline al pascolo, il bosco che dirada in mezzo ai campi, un caseificio lindo come pochi (ma i maestri non si trovano in giro per caso…), una passione bonaria uscire da espressioni sazie di occhi verde palude, pieni e riconoscenti verso una terra feroce che ha inglobato se stessa per non ritrovarsi che come manifestazione dell’austero e dell’economico. Al di là di tutto questo, di una poesia rurale che rinnova se stessa, di un artigianato indifeso in mezzo a fotografi e persecutori d’indifferenza degna, basta un foglio che Melissa tira fuori da un cassetto: le ultimi analisi fatte ai suoi animali hanno evidenziato la presenza di 72.000/ml cellule somatiche nel latte. 72.000! Qui non esistono discussioni su latte crudo, fermenti da non utilizzare e amenità improvvide. I numeri non consentono interpretazioni. Crudeli verso i vicini di latte, manifestano l’impossibilità al cattivo. Il formaggio parte da una base molto alta, nonostante il fondo valle con i suoi retaggi incatenati non conceda preferenze. E così arriva. Non ci sono fughe o insipienze.

Melissa, insieme a suo fratello Manuel, e ai suoi genitori, sempre presenti in azienda, in quell’allevamento da sederi magri e concavi, presidia una parte di valle involuta e rassegnata all’indifferenza. Senza la necessità di una vista rilassante, si può fare comunque un formaggio semplice che sappia di latte fermentato e stagionato. Più si invecchia e più ci si soddisfa nell’assenza di confusione…

AZIENDA AGRICOLA LE SAIOTTE

VIA SAIOTTE 1/B

BERZO INFERIORE (BS)

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