Sapì: osti, cuochi e artigiani…Mauro Vielmi e Daniela Foppoli

sapi

Esine. Inizio della Valgrigna. La collina della SS. Trinità sovrasta rocce rimaste nude, un fiume quasi in secca e un crogiolo di professioni chiuse dentro case dove agli sguardi presenti non rimane altro che rifugiarsi nella tranquillità del disinteresse. Questi sono paesi di resistenza, a metà strada tra il produttivo e il pudore, in quella diramazione camuna che vede nel soprannome (scutum) la realizzazione definitoria. Così per sempre, in quel procedere del tempo che è molto al di qua del giudizio e del pregiudizio, in quella direzione familiare che non può essere rinnegata. A meno di non volersene andare o di non arrivare, per caso, in maniera sperduta o in maniera provvida, per metter mano a delle circostanze, trasformandole in certezze. Sapì è il soprannome della famiglia Foppoli e questa è una storia rara e territoriale.

Daniela Foppoli ha preso in mano l’eredità genealogica, consistente in un albergo rétro e in un ristorante di territorio, solido e quotidiano. Nel mentre ha sposato Mauro Vielmi, uno studioso indefesso di qualunque materia possa accompagnarsi alla ricerca. Perché incominciare una professione, prendendo solo il passato e accontentandosi di quello che verrà? Il futuro doveva essere una possibilità. L’attitudine di Mauro alla conoscenza ha fatto il resto. Anche in un mondo di artigiani impetuosi, trovare del vigore su ogni sillaba di ogni parola che racconta ogni prodotto è pressoché un paradosso. Ecco, ogni tanto, la vecchia logica ci viene in soccorso a smentire se stessa.

Mauro ha una passione per l’artigianato e per gli artigiani, vede la materia prima come sperimentazione e non tralascia al suo lavoro di cuciniere e di oste l’opportunità di sperimentare la produzione in prima persona. Così il lievito madre viene rinfrescato e portato a compimento e sul gelato ha trovato quella coesione tra le possibilità di una gelateria con tutti i crismi e l’albergo dall’avventore disinteressato che consuma bianchini leggendo il giornale. Nessun semilavorato, anche la frutta secca se la raffina in casa. Le materie prime oscillano tra la rarità e il bisogno di rimetterci mano, il gelato passa da un mantecatore orizzontale per arrivare ad un prodotto conservativo e ad una struttura tra il freddo passato e l’overrun imperante. Carruba e guar sono le concessioni addensanti per qualcosa di definitivo, percepibile al di là del dessert. Non importa la quantità pastorizzata, ma un gelato da conservare, e quindi che non passi dall’evanescenza del pacojet, in ristorazione è un principio d’azione e di rivoluzione. La cucina di Mauro è fatta di piccole epifanie e rivelazioni che tralasciano la cucina per entrare nella definizione.

Qui lavora un artigiano e lavorare insieme ad un artigiano è l’unica delle missioni possibili per chi da artigiano, e anti-economico nell’anima, sa che il tempo deve necessariamente essere lasciato al tempo stesso.

La sua cucina non è la solita tradizione rivisitata piena di surrogati dietro gli stipiti della cucina, non è il solito territorio sbandierato ai quattro venti e conosciuto molto peggio dei resort di Tenerife, è una funzione con dei volti e delle percezioni, dove la realtà artigianale deve essere rispettata nei suoi tempi e nei suoi modi. Ogni ingrediente ha un volto senza nessuna verecondia, anche nell’errore o nella svista. I laboratori si aprono a 360 gradi e i produttori possono mostrare come fare della sostenibilità reale in un paese come Esine… sine…ine…ne…eeee!

Quasi mille pasti serviti a settimana! Con le trote di Gerry Fanti, i caprini delle Frise, il pesce di Danilo Baiguini e i formaggi di Andrea Bezzi. I piatti sono un susseguirsi di rispetto, il pane ha un’acidità citrica da mettere a posto e croste rare anche in panifici professionali, tornano le povertà delle affumicature sempre bene a fuoco e quando una costina è laccata con il miele di castagno, la costina sa veramente di miele di castagno. Le cotture mantengono inalterate le materie prime, non esistono contraffazioni, foodpairing o articolazioni sofistiche di pensieri colti che dissimulano l’esteta tra i panni di un greve artista, ci sono gli strumenti giusti per i giusti sapori, perché Mauro ha scoperto di non poter scoprire nulla e che l’unica ricerca che si può fare è quella umanistica fuori dalla porta, andando a vedere, seguendo la semplicità della fisica e della metafisica.

E sì che tutti gli uomini tendono per natura al sapere, poi ci sono quelli che prendono la direzione per il ripostiglio o per la decima bolgia dell’ottavo cerchio, e quelli che hanno capito che cucinare un territorio significa prima di tutto guardarlo, conoscerlo, rivelarlo e disvelarlo.

Vi riterrete fortunati ad averli incontrati. Nulla più…

DA SAPI’

VIA MAZZINI 36

ESINE (BS)

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