Marsala è il suo territorio, è la bellezza dei bagli e l’incompletezza delle serre di fragole, lo straordinario stupore di una solitudine fiorita, in mezzo a chiese di campagna nascoste dietro palazzi diroccati, e gli ammassi di sale dello Stagnone che guardano Mozia e Favignana. Qui la Sicilia è un’idea realizzata, soprattutto quando il sole non permette altro che l’ozio e le strade ritornano ad essere lontani ovest dove deporre le armi e cavalcare su un’orizzonte privo di un senso geografico. Qui è la contrada a farla da padrone, con il suo chianu, i suoi pozzi e la sua chiesa, quel piccolo centro in mezzo ad uliveti e vigneti che non è altro che territorio, sviluppo del territorio e valorizzazione del territorio stesso. Perché qui ancora si chiudono volentieri gli occhi sulle brutture a vantaggio di un paesaggio icastico e vividamente siciliano, nella sua natura di disinteresse e dominio. Il resto è quel che resta di un barocco punito dai bombardamenti e di un colore rappresentazione calda delle chiese e tenue del vino, tra un castagna e un terra bruciata. Dagli inglesi ai commercianti, dai Florio ai De Bartoli, si sono specchiati e riflessi trecento anni di storia tra industria e artigianato, tra vigne e alcol aggiunto, in quel paradossale che non sarò certo io dipanare. Anche perché ero giunto con la voglia di presente.
Marco De Bartoli è stato la rivoluzione di questa terra, quello che pur nascendo pesce spada è voluto morire tonno, quello che ha preso una terra straordinaria e ossidata e l’ha ridata indietro sotto forma di qualcosa di diverso. Togliendo uova e banana, il Marsala ha riconquistato se stesso, nei magici anni ottanta, su una via antitetica e dimentica. Marco De Bartoli ha rappresentato il disordine, si è ritirato in uno dei poderi di famiglia in contrada Samperi e ha cominciato a fare il suo vino, un vino di Marsala e non un vino Marsala, fregandosene di tutti e di tutto, dell’etanolo da aggiungere, delle aromatizzazioni e della facilità. L’ha chiamato, nel suo modo di rendere onore all’onore, Vecchio Samperi, è stato bersagliato dalle critiche, soprattutto da una Terra arida e connivente, perché consapevole che per fare un buon Marsala la partenza deve essere un vino di qualità, esattamente come nell’aceto, alcolico così da rendere impercettibile l’alcol da aggiungere. I lunghi invecchiamenti, la scoperta di Pantelleria, i Marsala fortificati che nulla avevano a che spartire con l’abbondanza e la perdizione, il Bukkuram e i fatti giudiziari sono il seguito logico di un rivoluzionario in una terra di reazione. E così la critica si è innamorata della sua schiettezza e della sua insofferenza, si sono levati calici e battute mani, si sono bevuti vini straordinari e ci si è seduti attorno a tavole azzimate in quella campagna e in quella tenuta leggendaria, con gli alberelli a corredo. Ecco, oggi non si può parlare dell’oggi. Anche quando, per mia imperdonabile colpa, è rimasto poco tempo. Il vignaiolo ha subito il fascino del commercio, l’artigianato è sbiadito in una pratica seducente, lo scontro generazionale è diventato il conforto delle classi abbienti. Le grandi famiglie del vino italiano rimangono le grandi famiglie del vino italiano. Occhi cerulei, foto in posa con scarpe basse e camicie bianche, un cognome geografico e una reiterazione da mandare a memoria. Più o meno sobrie. Con tutti e per tutti c’è una storia e delle stanze che non possono e non devono più sorprendere. Giuseppina, la figlia più piccola, è squisita e parla al passato prossimo. Come te l’aspetteresti anche in quell’assenza di tempo per cui mi cospargo nuovamente il capo di cenere (ma saremmo finiti a degustare con la faccia prona sul foooormidabile).
E quando muore il re, la sopravvivenza del re diventa più salvifica di qualunque futuro. In luoghi del genere muore la gioventù, muore l’uomo che si può trovare oggi tra i pescherecci, in mezzo alle malghe, tra le fave di cacao o con le mani nel lievito madre. La risposta è sempre e comunque “I vignaioli indipendenti, naturali ecc”… Ok mi accontento della risposta e mi accontento dell’accontentarsi. Ritorno a De Bartoli e a quei due vini iconici e straordinari. Oggi come allora. Anzi no… di quelli han scritto tutti…
MARCO DE BARTOLI
CONTRADA FORNARA SAMPERI 292
MARSALA (TP)