Doverosa premessa. È la prima volta che provo questo numero senza reti di protezione. Il fallimento è dietro l’angolo, così come la morte cerebrale. Basta un piede messo storto e la mia faccia adesa al polvericcio risuonerà ciottoli e acufene.
Eppure una mail serale del venerdì mi aveva messo in allarme: febbre alta e difficoltà di parola.
Ho deciso di provarci lo stesso. Francesco Ballico non è mai arrivato ma io ho deciso di scrivere comunque. Nessuna telefonata e nemmeno delle domande (tipiche da giornalista sedia-girevole-stick ndr…) scritte via mail con cui fare un bel copia-incolla.
Forse mi sarei dovuto togliere un po’ di spocchia da Guido Angeli e scendere a patti con il giornalismo gastronomico da poltrona bagnata di sudore. Ma avrei scritto senza vedere… avrei imbrattato una pagina con il genio di Heidegger, parlando solo della sua adesione al nazismo. Qualcosa di becero, apocrifo e onanistico. Così ho deciso di lasciar perdere le domande da evento gastronomico, dove i produttori in cattività aprono la bocca solo per prendere le noccioline.
Qualcosa c’è sì stato ma talmente nebuloso da non avere un filo logico.
Lonigo è una strada al confine pianeggiante tra la provincia di Verona e quella di Vicenza. Lungo peregrinare senza nemmeno una soddisfazione da sigaretta sporca con il finestrino aperto. Nel campeggiare di rotonde, la mia voglia di possesso è all’acme. C’è qualcosa che rema contro di me, ma non è il luogo. Sorprendentemente, con quel palladiano che nel vicentino non manca mai, riesce a farmi alzare lo sguardo dalla salivazione zuccherina. Lonigo è un paese piacevole, quasi bello se preso di sbieco, ma il mio obiettivo (qualche mese fa avevo già fatto il primo tentativo, trovando la serranda abbassata) è inverso alla mia sollecitudine.
Il Chiosco di Francesco Ballico non è una metafora. È una costruzione nel mezzo.
Famiglia di gelatieri stagionali in un Adriatico avaro di soddisfazioni ma ricco di colori sgargianti, Francesco ha rivoluzionato il lavoro dei genitori e ha aperto una pasticceria a Lonigo. Del pre-ristrutturazione non ho visto nulla e so poco. Apprendistato gratuito alla Pasticceria Battistuzzi di Conegliano Veneto, abbandono di semi-lavorati e prodotti di “sintesi” (mi scuso per l’approssimazione ma nonostante non condanni, capirsi attraverso il manicheismo è molto più semplice…) e una discreta ricerca sulle materie prime, per quanto le pasticcerie possano desistere dall’uniformazione.
Forme e sostanze rimangono legate ad una tradizionalismo e ad un classicismo dolciario che non teme inflazioni né mode. Impostazione scenica di trasparente e bianco. Caffetteria marchiata a fuoco da Gianni Frasi, cioccolateria da Valrhona, meringate e semifreddi squadrati, la torta del Chiosco, una pasticceria mignon assolutamente pulita ma alla costante ricerca di un contrasto: pralinati e caramelli si alternano cercando e trovando un gusto, le paste frolle sono friabili e croccanti, quasi perfette, gli abbinamenti un filo pedissequi. Tartellette declinate, qualche cubo a strati con cioccolati ben dosati e gelatinizzazione di panne cotte a cupole anacronistiche ma ottime. Mistero di una selezione fatta senza sfoglie. La fugassa vicentina ha bisogno di tempo e di giorni di riposo, a dispetto del più tipico dei consigli. Morbidissima, il burro (che è poco ma non scontato) pervade ma non al primo giorno. La vaniglia sì. Tutto il resto è una glassa. La composizione lievita naturalmente senza canditi, senza uvetta e con un filo di agrume. La povertà della conservazione è l’anima di un artigiano assente. Veramente un grande prodotto.
Ecco il tutto di una mattinata latente.
PASTICCERIA IL CHIOSCO
VIALE DELLA VITTORIA 4
LONIGO (VI)