Agriforneria: progetti in viaggio… Rocco Primavera

AGRIFORNERIA

Chiesanuova è un paese fantasma. Ci sono case abbandonate, delle costruzioni canavesane con mattoni a vista mai ricoperti, delle salite che non portano a nulla, un bar-trattoria-alimentari nella non-piazza del paese dal retaggio triviale, pochi bambini su un campo di calcetto, qualche camminatore diurno, molti luoghi isolati, una vista sulla pianura che non riflette e un cinguettio persistente che rimette in pace con la realtà. Macchina chiusa e panino in mezzo a un parcheggio. Al di là delle considerazioni gastronomiche che han reso di pietra il mio palato, è stato il preludio alla bellezza e all’inatteso. Al di là dei colli, la setta di Damanhur porta avanti le sue idee di spiritismo globale che nei boschi han trasformato debolezze in costrizioni sotto l’apparenza dell’arbitrio più selvaggio… ma il mio compito, sfortunatamente, è al di là dell’antropologia e così mi fermo prima. Alla fine di una strada con uno sterrato da fare prima del bosco. Lì Rocco Primavera e sua moglie Veronica hanno trasformato la loro fuga dalla città in qualcosa di armonioso e principalmente dinamico. Continue reading Agriforneria: progetti in viaggio… Rocco Primavera

L’alpeggio senza orpelli… Elvis e Alessandra Perotti

Santuario_San_Besso_Val_Soana

Castellamonte è un luogo invernale, fatto di stufe in ceramica, castelli diroccati, sagrati e quella Rotonda antonelliana che tutto abbraccia, a partire dalla proteolisi di quelle tome bloccate in vetrine costruite alle spalle di gente che ha sempre visto l’alpeggio come forma di espressione e l’inverno come il tempo per tirare a campare. È l’ultimo luogo ameno prima di una serie interminabile di frazioni, di paesi senza centro e di quelle case canavesane devastate dall’abbandono e lasciate a quei patii che della casa di ringhiera si portan dietro l’immagine di una povertà retrograda. Poi improvvisamente l’ambiente cambia, le case spariscono preda della decadenza delle valli. Quelle selvagge, senza ostaggi, con la fuga delle persone a dimostrare l’indigenza. Alberghi chiusi nel nulla, ottanta persone a valle per ogni inverno e qualche turista alla ricerca del silenzio assoluto d’estate: la Valle Soana è una valle “fantastica”, come recita il suo sito web che meravigliosamente si apre sulla foto dei manifesti funebri degli ultimi ad andarsene. E lì lo stupore diventa sgomento. C’è sempre un motivo per la decadenza di una valle realmente “fantastica”. Il Parco del Gran Paradiso è lì ma è come se non ci fosse. I retaggi valdostani sono troppo lontani. Queste sono valli di alpeggiatori silenziosi, senza formaggi tipici e senza dimostrazioni di resistenza casearia. La Valle Soana è un luogo precipitosamente lontano. Continue reading L’alpeggio senza orpelli… Elvis e Alessandra Perotti

Birrificio Italiano: iconoclastie brassicole… Agostino Arioli

arioli

Limido Comasco è un luogo di passaggio su quel confine invisibile tra le province lombarde che il riguardo ha trasformato in necessità. Per capire che la tradizione di un posto si è trasformata in indifferenza bisogna accorgersi delle costruzioni edili, di quelle case che non hanno più legami se non con l’obbligo di dormire, la partenza mattutina e il giardinetto salva-weekend per dei figli che hanno finito di confondere l’asfalto con il selvatico. Lì in mezzo c’è quella coerenza borghese del numero prima di tutto, del capannone come unico dio e della rotonda come luogo dove far nascere nuove imprenditorie e vecchie artigianalità, con l’offerta cappuccino + brioche sempre in bella vista. Ecco, il limite della provincia lombarda è uno di quei luoghi in cui avere qualcosa da mettere in opera. La mancanza di distrazioni è talmente coinvolgente da preferire un prefabbricato ad un passatempo. Qui, in questa mezza via, Agostino Arioli ha trasferito da qualche anno la produzione della sua birra. A Lurago Marinone è rimasto il suo pub mentre gli ettolitri aumentavano e la necessità di spazio anche. Continue reading Birrificio Italiano: iconoclastie brassicole… Agostino Arioli

Slow Bread Lab: panificazione pronta ad accadere… Michele Dogati

dogati

Milano. Tra Porta Venezia e Città Studi. All’interno di un portone imprecisato in quella cerchia di vie che non tormentano più nemmeno il cittadino. Le case sono delle facciate e sono dei cortili, i portoni non hanno ancora l’altezza uomo e il legno continua a subire i colpi del tempo. Gli interni sono quella Milano nascosta che abbiamo smesso di fantasticare perché troppo avvezzi. Ombra, spiazzo e balconi tutt’intorno, in quell’intimità di confine che non si sente più vicino del vicino. Nel profondo di uno di questi palazzi, su uno di questi cortili, affacciano delle vetrate intarsiate dove il tempo sembra essersi fermato. A metà strada tra l’industriale urbano e il vintage recuperato, Michele Dogati ha trasformato l’uso di locali che della bottega si portan dietro l’estetica e dell’opificio la necessità. Ha preso un ferma capelli e l’ha trasformato in un pezzo di pane. Al di là del clandestino e al di là del casalingo. Continue reading Slow Bread Lab: panificazione pronta ad accadere… Michele Dogati