Douce Vallée: aceti di montagna… Francesco Mauris e Paola Vittaz

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Tra Boesse e Chatillon. Appena fuori dai percorsi turistici che verso la Valtournenche vanno e che dalla Valtournenche tornano, tra l’azienda agricola e il laboratorio, in quell’andirivieni che segue necessariamente le stagioni, di raccolta e di produzione. La Valle d’Aosta è un’espressione di acque tonanti e centrali idroelettriche che non lasciano più nemmeno il tempo del romanticismo. Qui si passa per andare verso il Cervino, verso quella dimostrazione d’italianità che è natura da rovinare in qualche maniera. E così quando le prime nevicate incominciano a ravvivare lo sguardo dei distributori di benzina, i fondo valle si rispecchiano nei semafori, nel traffico e nell’impazienza di stagioni da passare tra la pazienza e il decoro. Dove il lavoro diventa un’esigenza e una convinzione e dove il tempo occupato deve liberarsi prima di neve e sole per occupare il tempo libero di chi si è appena liberato da un tempo occupato. Turismo, accoglienza e produzioni tipiche, chi tradisce, per esempio, può cercare una via di fuga che vada bene dodici mesi all’anno. Ed ecco che un prodotto maltrattato per anni, come l’aceto, può tornare a svolgere la sua funzione conservante e rinfrescante, tornare ad un’origine verso cui il tempo è stato poco galantuomo. Continue reading Douce Vallée: aceti di montagna… Francesco Mauris e Paola Vittaz

Una donna e il suo mondo: genepy e montagna… Emilia Berthod

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Frazione Bois de Clin. Valsavarenche. Luoghi eroici e luoghi dispersi, all’interno di un Gran Paradiso distante dall’eco estiva, dove camminando è sempre possibile imbattersi in ungulati dagli occhi gialli e in ungulati dagli occhi impauriti. Qui la neve arriva presto, le valanghe divellono e i boati nel nulla non rappresentano altro che natura. Poche centinaia di persone in tutta una valle che fiorisce per pochi mesi, mentre il resto è una patina di bianco dove l’economia di sussistenza è un sacco di soldi spesi in riscaldamento ed energia elettrica. Qui c’è talmente tanta bellezza che il letargo è l’ennesimo modo per non rimanere accecati, per prendersi del tempo e fregarsene di un racconto reiterato da fare a tutti quelli che rimangono naso all’insù e bocca spalancata. Il tempo è salvifico e ferale insieme, non ci sono mezze misure e nemmeno tonalità di un grigio informe, qui i colori non scherzano e si ribellano all’opacità da smanceria, il selvatico è rimasto selvatico, nessuno lo può e nessuno lo deve addomesticare, coltivare qui significa recuperare dei terreni alle rocce e provare a rispettare l’umano più della natura. Continue reading Una donna e il suo mondo: genepy e montagna… Emilia Berthod

Lo Storico Ribelle e una gioventù fulgida … Cristina Gusmeroli

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Dazio. Pochi kilometri sopra Morbegno, in quella Costiera dei Cech che è anima e vista, che si pone sempre nella situazione di essere guardata e di essere ammirata nei suoi terrazzamenti e nei misteri di quelle valli laterali che si nascondono mostrandosi. Una piana di poche cascine e ancor meno abitanti non può che essere rappresentante di se stessa. E così è, nel suo essere espansa e chiusa, nell’avere più terreno che possibilità e in quel campanile attorno a cui ruotano le sfortune del secolo. L’alpeggio è lontano, gli echi del Passo San Marco, l’Alpe Orta Vaga, i calecc’ estivi, il latte di capra Orobica in percentuali variabili, la mungitura a mano, le temperature che possono improvvisamente scendere e una vista che spazia fino alle pupille di Dio sono ricordi e intenzioni di una conversazione. Qui, in mezzo a due stalle e altrettante case, passa l’inverno la famiglia Gusmeroli. Continue reading Lo Storico Ribelle e una gioventù fulgida … Cristina Gusmeroli

Capre affumicate in un tempo che è anche delle vacche… Monia Tiberti

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Frazione Valle. Saviore dell’Adamello. Direzione Valle Adamè, dove il sole cede il passo ad un’ombra e ad un inverno che tutto possono e che tutto coprono. L’avvenenza è qualcosa di simmetrico, il buio taglia a metà le montagne, lascia al cielo la speranza e s’intirizzisce armonizzandosi con gli abitanti di Valle e della Valle. Uno sguardo straordinario inscalfibile dal freddo. Rimanere in fondo, ammaliati dallo scorrere del torrente, dove la limpidezza è già immaginazione e dove la voglia di restare è l’unica eccedenza oltre il riposo, quello lungo, letargico, che non si sposta, che lascia qui gli stessi volti legati ad esistenze lunghe, sane, in cui il benessere non si pesa e dove il turista arriva senza affermazione, è uno sforzo contro la rassegnazione. Incompresa dai latrati dei cani, oltre il ponte sopra il ruscello, c’è la casa di Monia Tiberti, una casa cristallizzata nel suo tempo. Continue reading Capre affumicate in un tempo che è anche delle vacche… Monia Tiberti

Formaggio di pecora in Lombardia: rarità delle rarità… Ivan e Cristina Parolari

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Andrista. Frazione di Cevo. Uscita dalla Val Saviore. Strade che si rimpiccioliscono, abitati mantenuti, musei iconoclasti, terrazze su strapiombi, pietre estetiche e un silenzio che si è portato via quasi tutti. Creature mitiche che spuntano da boschi di castagno e indecisioni sul verso cosa propendere per mancanza d’intenti. In luoghi come questo, il presente è lento ed è ancora definito dai ruoli sociali. La Valle Camonica impone l’entrata, i formaggi di vacca prendono possesso delle capre bionde e il selvatico si trasforma troppo velocemente in industria. Non ci sono più fini idroelettrici, rimane solo quell’archeologia industriale, anima di una Lombardia ormai dedita al capannone e al prefabbricato come uniche forme d’indecenza e di perversione. Così da sostituire il campanile con i tetti a shed e i tetti a shed con i blocchi giallo canarino e le stazioni di servizio adatte ormai ad ogni esigenza. La valle, da depressione territoriale, si è trasformata in depressione volitiva, dove sono in pochi a rappresentare ancora una possibilità. Ivan e Cristina Parolari ci stanno provando attraverso la famiglia. Continue reading Formaggio di pecora in Lombardia: rarità delle rarità… Ivan e Cristina Parolari

Shanty Maè: tra i boschi dell’Adamello… Sara Brognoli e Paolo Messali

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Saviore dell’Adamello. Un culmine di frazioni, case sparse, mercati che definiscono il centro, stradine strette, muri grattugia-macchine e salite senza fine. L’ultimo avamposto prima che le due strade verso il Parco terminino dando il là a rifugi e caprioli, lasciando spazio all’indefinito ombroso, ad un Trentino risentito e a quell’estremo lembo della Val Saviore dove si sono sempre formate leggende e gemme d’abete. L’ombra ingloba e porta verso le frazioni. L’acqua scorre tutt’intorno, purificatrice, intatta e fragorosa. In quella forma d’eternità che è precauzione e giorno dopo giorno. Perché qui le orme si cancellano e le tracce, nella neve o nella terra grassa, rimangono a mutamento di luoghi effimeri e senza più principio. Anarchia di uomini fuori dal possidente, fuori da quei circoli viziosi che misurano e pesano tutto. Qui c’è l’eco della scelta, il villeggiare è una forma di accadimento e di incomprensione, perché arrivarci attiene alla volontà e al libero arbitrio. Fuori dalle mode, in quel velo d’eternità che è l’uomo prima della società, si deve abbandonare la macchina in uno spiazzo casuale, guardare una mulattiera che non può essere altro che una mulattiera e trasecolare nella vista di una Panda ammortizzata e verde militare che, manco fosse un camoscio, curva e si districa in una selva larga un paio di centimetri più della distanza tra le due ruote. Continue reading Shanty Maè: tra i boschi dell’Adamello… Sara Brognoli e Paolo Messali

La Torta di Vigolo è l’emblema della tradizione… Fratelli Perazzi

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Vigolo Marchese, frazione silente di Castell’Arquato. Basilica romanica e battistero. Astensione e qualche vite scandiscono il tempo dei pellegrini che, sulla via Francigena, si dipanano tra una salita e una discesa dai pullman. Piatti tradizionali e ristoranti rastremati, dove il barocco ha perso la sua funzione ed è ritornato nelle case per i pranzi molto più tipici del tipico. Queste frazioni sono rimaste preda del paesaggio, dei terreni coltivati a zucche, delle orazioni funebri che toccano qualcuno di sempre più vicino e di un liberalismo territoriale che ancora nel saluto trova il suo gesto più iconico, l’unico che qui non cambia nonostante un’Emilia più dimessa, in tono minore, negli sguardi e nel tempo condiviso, perché qui il freddo non si è mai aperto alla parlata e il fraintendimento è sempre quello di essere belli ma troppo vicini ai caselli, quelli delle nebbie e quelli delle fughe. Continue reading La Torta di Vigolo è l’emblema della tradizione… Fratelli Perazzi

Un Grana Padano senza insilati è possibile?… Luciano Dall’Aglio

Gourmet Organic Parmesan Cheese on a Background

Bacedasco Basso. Vernasca. Val d’Arda, una collina più che accennata a pochi metri dalla provincia parmense. Vigneti che si alternano a stalle e prati, una strada principale e alcune mulattiere ormai asfaltate che collegano le valli dirimpetto. Case in muratura, salumifici e caseifici, il tempo dell’azienda agricola si è riversato più nel vino che nella trasformazione, il paese è lontano quasi dieci kilometri e l’eco dell’Appennino ligure non arriva ancora a gelare i polpastrelli. Il paesaggio è la quintessenza della stagionalità, le foglie macerano la strada di giallo, il tempo sepolto è quello che fa mantenere sempre la stessa facciata, erbe falciate e piante da tartufo sono il pre-meridiano e il post-prandiale, quando la popolazione ti accoglie non lasciando a nessuno il tempo di chiedere e nemmeno quello di dissodare la diffidenze. Così si aprono tendine e la provincia emiliana diventa meno affabile. Il plumbeo è un buon clima per la precisione e così il caseificio Dall’Aglio rimane indissolubilmente legato a delle imposizioni che sono diventate scelte. Continue reading Un Grana Padano senza insilati è possibile?… Luciano Dall’Aglio