Un passato, un presente e un futuro… Agitu Ideo Gudeta

agitu

Valle San Felice, comune di Mori, propaggini della Val di Gresta, dove il distretto del biologico ha portato un nome prima di qualunque discussione. Un luogo mitigato e terrazzato dove i paesi diventano frazioni e le frazioni non superano mai il nitore. Qui ci sono poche cose definite, il bar, la banca, la fontana, il centro, l’acciottolato, i bambini, le sigarette e il caldo. È difficile prescindere dall’incontro e dalla richiesta, è tutto così facile, pieno, quasi fiabesco. I posti sono di un moderno decadente, anima puerile di un tipo di architettura tragica, quella che non progetta il futuro ma lo preconizza. È un biologico desueto, con nomi anacronistici e coltivatori di cavoli sostenibili. Qualcosa pre-armonizzazione e pre-comunicazione. E così le barbe lasciano ancora il posto alle rughe. Da queste parti una ragazza etiope ha imposto il suo credo e il suo allevamento come deterrente naturale all’abbandono, facendo della sua storia il paradigma di un racconto che ha solleticato le parole di molti… Continue reading Un passato, un presente e un futuro… Agitu Ideo Gudeta

I formaggi del biologo… Giuseppe Di Natale

di natale

Floridia, entroterra siracusano. Strade strette, afa e una sensazione di abbandono e mestiere. Un luogo trascurato, con le solite facciate stupefacenti e il disinteresse cittadino per un angolo di mondo che non è altro che quotidianità. Il fondo valle del fiume Anapo ha quel rigoglioso leggendario che parte da Pantalica e arriva ad Archimede, alle sue costruzioni sotterranee e ai suoi modi di nascondersi in mezzo all’acqua. Qui si è fatta la nostra cultura e qui i siracusani sono diventati maestri di conservazione ed epigoni di abbandono. Perché lucrare sulla bellezza è sempre stato un punto di vista dozzinale… e così manca il racconto e manca la necessità. Ortigia è l’unico dio, il resto è possibilità di costruire centri commerciali, edifici abusivi e poli petrol-chimici. Qui, però, ci sono pietre millenarie, scherzi del destino e improvvisati trabocchetti. E non è facile arrivare ad un ragazzo che racchiude in sé tutte le caratteristiche della provincia aretusea. Giuseppe Di Natale è una storia al di là di qualunque prodotto. Continue reading I formaggi del biologo… Giuseppe Di Natale

Una ragazza e il suo formaggio… Marta Spera

spera

A metà strada tra Belmonte Mezzagno e Altofonte, in quel palermitano moderno che non ha più nulla né da vendere né da raccontare, dove un paese opaco, una via centrale e centinaia di vicoli a ridosso, in cui non si passa nemmeno a piedi, diventano il luogo di un’immaginazione. Il centro è un posto dal dialetto “incarcato” e dalle portiere ammaccate, in quel festival di luoghi comuni che rendono l’hinterland una condizione dal ricordo famigerato. Qui ci sono rocce, avvallamenti e viste sulla città. È un continuo di momenti già visti e piccole epifanie senza senso. Qui, in questo territorio di nessuno, che tutti conoscono, provare a dare soddisfazioni a quella roccia aspra, che si è sempre nascosta, è l’unica maniera di apertura sul mondo e sull’insoddisfazione di vedere sempre le stesse facce e sempre gli stessi tavolini. Sublimare l’allevamento, è un compito che a qualcuno toccava. E la famiglia Spera si è presa l’incarico di non tradire. Marta e suo padre Giovanni stanno cercando una filiera senza ipocrisia e senza compromessi. Così, come si faceva in futuro Continue reading Una ragazza e il suo formaggio… Marta Spera

Lagorai: un malgaro iconoclasta… Marco Pompermaier

LAGORAI

Comune di Torcegno. Malga Casapinello. Lagorai. Un nome che incute timore, lontano dalle rotte turistiche, sospeso tra la passeggiata del fine settimana e una vista senza requie. Non è un luogo remoto ma nascosto. Chi lo conosce se lo tiene per sé, perché la bellezza di questa montagna senza contingenze ti richiama verso l’infinito e verso la paura. Di guardare di sotto, di aspettare che la notte diventi notte e di guardare quegli animali al pascolo contendersi il possesso della montagna. Perché qui si fa formaggio da centinaia di anni e il sistema malghe è uno dei meglio strutturati dell’arco alpino. Si possono fare i maggenghi, le erbe sono in abbondanza e Valsugana e Val di Fiemme tengono per sé tutte le contraddizioni dell’estate in quota. Questa è una montagna facile che ha ancora il vezzo dell’illusione. Privati, clero, feudi e comuni. Qui la faccia dei malgari è sempre passata da scelte altrui. Il possesso è un fievole affitto da condividere in sussistenza, portando su le vacche degli alpeggiatori in contumacia. Continue reading Lagorai: un malgaro iconoclasta… Marco Pompermaier

Alpeggiare sul Grappa contro la siccità… Girolamo Savio

grappa

Malga Coi Veci, comune di Borso del Grappa. Al ventiduesimo kilometro di salita verso Cima Grappa si gira a destra, qualche kilometro di sterrata e si arriva a contemplare quell’ossario naturale, ricoperto dalla terra e dalla noncuranza. Perché il folklore turistico che spinge verso la vetta, non è quello delle trincee e delle gallerie che spianano davanti agli occhi dei tornanti. Qui si è fatta la Grande Guerra: in fuga da Caporetto sono morti migliaia di ignoti, recuperati alla beltà del tempo dai pullman turistici che invadono musei ed alpeggi. Perché una celebrazione alpina rimane sempre sul lato disumano della commemorazione: quello del tempo scandito dagli anniversari. Qui è meglio non scavare, è meglio rimanere alla superficie delle situazioni burocratiche di una forma di abbandono e di auto-abbandono. Le vacche sono sempre salite e sempre continueranno a farlo, anche quando la tutela non avrà più il volto segnato dei malgari, ma quello urbano degli amministratori di sistema. Questo era il regno della Burlina, rustica da manto bianco e nero, lentamente scomparsa, e qui la famiglia di Girolamo Savio e di Ysabel Bordignon (tre figli tutti su in malga) continua la tradizione del Morlacco e del Bastardo del Grappa. Continue reading Alpeggiare sul Grappa contro la siccità… Girolamo Savio

Prati Parini è un luogo lontano… Marco e Lorenzo Fustinoni

http://www.forestwander.com

Sedrina è quel fondovalle che ormai si è dimenticato di sé, dei suoi terreni agricoli, dei suoi agricoltori e dei suoi allevatori. È una diramazione fuori dalla strada principale che non è più che un inconveniente. Una conca difficile anche per il pensiero di fuga dove la natura non ha ancora la struttura della montagna, dove il passo è più semplice e chi ha deciso di rimanere si è scontrato con l’indifferenza al passaggio. Così si è dovuto ricreare un sistema di interessi che permettesse la fatica. E Prati Parini è quel luogo di fiori e vista che, attraverso il cammino, non obbliga più. È un desiderio di alpeggio morbido dove la famiglia Fustinoni ha deciso di finalizzare il suo lavoro di azienda agricola, proponendo un lavoro agrituristico che non ha bisogno né del complimento né dello stupore. Qualcosa di rurale e di reale in cui il controllo è un tempo morto di dissuasione. Continue reading Prati Parini è un luogo lontano… Marco e Lorenzo Fustinoni

Una famiglia dedita a fare le cose per bene… Famiglia Patelli

patelli

Gaverina Terme. Colle Gallo. Luogo di collegamento tra la Val Seriana e la Val Cavallina e luogo di ciclismo. La valle del Lujo è un susseguirsi di pericoli a due ruote, passione e discese senza verecondia. Nemmeno il tempo di contemplare un ciliegio e lo sguardo è dietro le sbarre. Il rischio è fisico, la solitudine l’unica risposta. Ogni tornante è un’improvvisazione. Qui le macchine non sono le benvenute e così l’attenzione non è mai troppa. Al culmine, la Madonna dei Ciclisti è rifugio e imprecazione. Ma solo se la fortuna è stata dalla tua parte. Altrimenti gogna. La vista fino al Lago d’Endine ripaga un po’ il nervoso e concede l’assenza di preoccupazioni. Perché il ciclismo è uno sport selvaggiamente meraviglioso ma il nostro non è un paese per ciclisti. Non essendoci divisioni, la miscellanea va sempre dalla parte del più debole. In questo caso la mia pazienza. Continue reading Una famiglia dedita a fare le cose per bene… Famiglia Patelli

La leggenda del 1753 Nero della Nona… Michele Andrioletti

nona

Confine tra la Val Seriana e la Val Cavallina, in quel nulla bergamasco che è rimasto talmente isolato da non lasciare nemmeno il sollievo di mantenere la tipicità qualcosa di tradizionale. Bianzano è un luogo con dei ciottoli, un centro, un castello, il disinteresse di portare gente a 600 metri d’altezza con una vista riflessa sul lago d’Endine e quella lontananza dal divertimento che non è nemmeno passeggiata. La Valle Rossa è un lunga strada con qualche stalla e un paio di bar non arrivati nemmeno all’estetica del passaggio. C’è una natura incoerente, selvaggia, con quel nascondimento da azienda agricola rimasta sepolta dal passare del tempo, senza l’essere notabile di qualcuno che ce l’ha fatta, che ha dato in pasto questa valle al mondo. Qui è tutto non proibitivo e privo di mistero, c’è ancora il fascino di qualche castagno, ma è tutto estremamente docile. E allora si poteva ricorrere al giallo o alla leggenda. E una stradina a lato della provinciale, che si inerpica qualche centinaio di metri in mezzo all’umido, è il luogo per il racconto di qualcosa che ha fatto voltare più di uno sguardo. Continue reading La leggenda del 1753 Nero della Nona… Michele Andrioletti