Un panificatore è sopratutto le sue scelte… Flavio Borghi

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Guastalla. Bassa reggiana. Senza padri e senza principi. In un crocevia di mondi che è soprattutto fiumi e pascoli, coltivazioni sconfinate dove al lambrusco si sostituisce l’erba medica per ritornare zucca e angurie. Colori pastello, portici bassi, chiese e torri, una tipicità divisa e condivisa, dove il dialetto stranisce per essere un apolide in una terra di limite e superamento del limite. Paesi urbani e cittadini, dove uscire è un modo per passare un tempo più pieno ed entrare è già racconto di lavori, di personaggi e di tipicità, soprannomi e modi di fare. L’interazione sotto un portico è spesso decadente, resta da una parte il nascondimento e dall’altra la fuga. Il non essere sentiti, le voci basse e il tempo che trascorre sovrapporranno sempre segreti e piccole ingiurie. Ma un paese deve esser fatto anche di questo, altrimenti che paese sarebbe? E così a Guastalla si conoscono tutti ma non si conosce nessuno, si preferisce l’estraneo ma si rivaleggia con l’avversario. Il campanile è fondamento e critica, è misconoscenza e affetto. Così immagino Guastalla se ci fosse una teoria dell’immaginazione… ma qui c’è un uomo concreto e pragmatico, che del pane ha deciso di farne una scelta e una professione. Continue reading Un panificatore è sopratutto le sue scelte… Flavio Borghi

Fattoria Corte Cappelletta: biodiversità nelle gelate padane … Nicola Assandri e Arianna Ferrari

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Frazione Coazze. Ultimo lembo di San Benedetto Po ma legato culturalmente a Moglia. Qui i segni del terremoto sono ancora visibili. Nelle campagne, nei tetti divelti, nella paglia lasciata ad affondare, il rigore di terreni geometrici e coltivazioni intensive ha subito lo smacco di una ribellione senza un colpevole. E così questi luoghi da feste sull’aia, da retaggi contadini innalzati al dio del recupero, di gelate invernali e di terreni argillosi che diventano sabbiosi per ritornare argillosi, in quella sempiterna lotta tra zucca e cocomero, rimangono argini di tradizioni millenarie conficcati in un’Italia Rurale che è rappresentazione molto prima che fascino. L’eco della bellezza e dei paesi si sente nell’esigenza di parlare tutti una lingua comune, qualcosa che riporti ad un’appartenenza e ad un sistema. Uno scenario cinematografico che è sempre sistema e mai eccezione. I Gonzaga, i tortelli, i norcini, i salumi, la nebbia, le abbazie, i ciottoli, i sagrati, la religione, i nobili, le case di campagna, i contadini, il vino, il Po e il fascino senza luogo di immagini utilizzate da tutti perché eterne. Qui in mezzo c’è anche chi, con la gioventù dalla sua, sta cercando di attuare un recupero di forme più che di tradizioni. Continue reading Fattoria Corte Cappelletta: biodiversità nelle gelate padane … Nicola Assandri e Arianna Ferrari

Pani della tradizione rivisitati con leggerezza… Peppe Martinez

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Trapani. Riqualificazione architettonica occidentale in una Sicilia che esiste e viene protetta al di là del barocco d’oriente. C’è stata una possibilità di rilancio e di rinascita, oltre l’abbandono di una città marinara dedita a tonni e sale, che è cresciuta togliendosi le croste di dosso, stratificando quello che era nascosto e riscoprendo delle bellezze autarchiche e conquistate, quei bagli, quei cortili e quei balconi che non hanno una definizione al di là della miscellanea. Trapani è rutilante in mezzo alla luce del giorno, davanti a quelle Egadi sempre sature e tra quelle vie che scacciano la periferia come un lontano ricordo di turisti che arrivavano ad Erice o a San Vito e poco riuscivano a dimostrare del senso dell’appartenenza. Un angolo di strada che porta verso fuori, un condominio anonimo, quel bianco panna che tiene lontano il caldo, un albero a nascondere e l’inaspettato forno della famiglia Martinez appare fuori dal desiderio. Da qui Peppe sta cercando di portare oltre la sua teoria di panificazione siciliana. Continue reading Pani della tradizione rivisitati con leggerezza… Peppe Martinez

Etno-antropologia applicata alla terra… Nicola De Gregorio

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Cammarata e la sua enclave San Giovanni Gemini. Una Sicilia contingente e insostenibile, un incedere di luoghi stanchi e prepotenti, dove l’edificazione non ha più un sostegno dalla storia. Feudalesimo, Conti e Commercianti hanno imperato, diviso, ripreso, creato tradizioni e affastellato le stesse che si sono fuse e confuse. Santi, feste, bizantini, romani, vendita d’indulgenze e raccolta di salgemma. Il tempo ha lasciato un castello che domina l’abbandono e riserve naturali straordinarie dove, al di fuori di vicoli ingannatori, su giardini e chiese protetti dalle invasioni, la macchia siciliana di asfodeli, roverella e corbezzoli rimane intatta in mezzo al grano già trebbiato, che colora di ocra quell’unica terra rimasta a rappresentanza di una Sicilia dipinta più vera del vero. Perché, al di là di ogni giudizio e di ogni immaginazione, qui serve solo un recupero, un rispetto e un recupero. E così il ruolo del cantastorie non può essere emarginato nella follia della verità, ma deve essere sudato, affaticato, con il volto coperto di scorie e di ingiurie. Il ruolo di salvifico paladino è toccato a Nicola De Gregorio, improbabile menestrello assolutamente integrato nella maniera e nel saluto ma rivoluzionario nello sguardo e nel passato. Continue reading Etno-antropologia applicata alla terra… Nicola De Gregorio

Agli albori della panificazione e della ricerca… Daniele Astori

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Coccaglio. Classico paesone del bresciano, alle pendici del Monte Orfano, un pelo fuori la Franciacorta, non del tutto bassa. La collina s’intravede e prende possesso di un luogo che ha mantenuto una struttura contenuta, degli abitanti dialettali e un’insofferenza al nuovo che dall’alto è sempre sotto l’occhio vigile ed estetico del convento della Santissima Annunciata, che lì rimane come un privilegio. Di là la ricchezza, le degustazioni, le gite in mezzo ai vigneti e verso le funamboliche passerelle sulle acque, di qua una concentrazione di selvatico e di vita di paese, dove trarre forza non lasciandosi ingannare dall’ispirazione. Perché nessuno è profeta in patria in paesi come questo, bisogna guadagnarsi ogni grammo di innovazione, figurarsi l’emblema di una pre-rivoluzione ai tempi dell’onnivora e non curante assimilazione di cibo. Qui, fuori dagli schemi è uscito Daniele Astori, che ti aspetteresti sfuggente e predicatore, e ritrovi profondamente legato alla sua professione e alla sua materia: il pane. Continue reading Agli albori della panificazione e della ricerca… Daniele Astori

Dulciarius: un lievitista che ha capito quasi tutto… Enrico Pisoni

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Lograto. Un territorio di granoturco e condomini da riposo notturno, dove il fulgore di una scelta è stato soggiogato dalla quotidianità dei bambini e della natura, dove le costruzioni sono il peggiore degli orpelli e dove la crescita sana, fuori da vicoli pericolosi e lontano dalle inquietudini formative, diventa la sublimazione della borghesia. In queste pianure dal pezzo storico onnicomprensivo, la bassa bresciana esprime perfettamente la sua voglia di lavoro, di esserci, di considerare il mondo soltanto attraverso la lente della produttività, della fugacità del weekend e della giovinetta da non trasformare in una gigolette da bordello adiacente. Sguardo fiero e parlata sicura, il bresciano nebbioso ha imparato alla perfezione a dimostrare, a definire e a confinare, ora ha bisogno di qualcuno che gli riconduca il tempo per imparare ad attendere e a godere di quell’attesa. Enrico Pisoni ha portato in provincia un’idea rivoluzionaria dopo trent’anni di lavoro nella gran parte dei laboratori padani. Dulciarius è la realizzazione di un progetto bello, studiato e sostenibile. Continue reading Dulciarius: un lievitista che ha capito quasi tutto… Enrico Pisoni

Le Golose Imperfezioni di una storia riscritta… Alessandra Abordi

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Como. La raffinatezza di un tetto mogano e di una facciata pastello, l’incombenza di una necessità di accoglienza ormai poco condivisa e assolutamente prepotente in quel modo di aderire ad un progetto che non è mai stato esplicitato ed è naturalmente chiaro a tutti e a tutto. Una missione che è già costrizione a non rimanere, a rendere la città un passaggio e un passato, ad adombrarsi con le stagioni, chiudendosi in un misterioso borghesismo sinistro e imprenditoriale. Una ricchezza diffusa ha sempre mostrato Como come una puzza sotto il naso senza altri retaggi, schiava di una rappresentazione di sé attraverso la distanza e la supponenza. E qui in mezzo non ci sono altri modi se non il confine e il confino, quello dove si sono ritirati gli artigiani e gli artisti pedissequi. Lacustre sempre un po’ impenetrabile, sguardi di circostanza e mani che al massimo si stringono, questi vicoli, che tengono dietro la domanda per arrivare da qualche parte, ogni tanto, fanno breccia all’interno di un mondo che ha bisogno di un approccio. Alessandra Abrodi, insieme ai suoi soci, Marco e Francesco, ha deciso di ridefinire l’artigianato per sottrazione. Continue reading Le Golose Imperfezioni di una storia riscritta… Alessandra Abordi

Farine del Lago di Garda che sanno di biscotto… Stefano Ambrogio

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Bedizzole. Tra Brescia e il Lago di Garda ci si trova in mezzo ad una pianura che non è del tutto estensione e ad un’industrializzazione che non ha ancora completato il suo percorso. Il Chiese è stato ed è tuttora il simbolo di una piana agricola con un passo in più, una digressione da quelle cascine allegoriche da feste nell’aia, applicate alla produzione, con lasciti fascisti, tra Landini e Isotta Fraschini. Perché queste sono terre di trebbiatori e di trattori prima che di mais, di applicazioni a retaggi stacanovisti dove il fanatismo è sempre sceso a compromessi con la produzione. E così l’agricoltura è una continua ascesa per dimostrare che anche tra i numeri, i trattamenti e i diserbanti, si può mantenere una qualità. Qui i terreni non applicano sconti, la differenza tra la pianura del sud e le colline moreniche del nord è enorme. Il mais migliore si fa a nord e il sapore rimane nella grana, in quei mais Quarantini e Ottofile che vanno a costituire l’intreccio di questa storia. Continue reading Farine del Lago di Garda che sanno di biscotto… Stefano Ambrogio