Cascina Capanna: il benessere sembra così semplice… Lorenzo Bonadeo

capanna

Montegioco è un incrocio di frazioni con nomi improbabili, popolazione dispersa, straordinari birrifici e ritrovi al benzinaio di personaggi inattendibili spersi in lande texane, cappelli di paglia e lenti movimenti di macchina. A riprendere l’orizzonte e quella Val Grue che si apre e che si chiude in una rapsodia discontinua che non mostra mai la stessa faccia. Qui il paesaggio ha lo spazio del dissenso, il salame è una religione laica e l’agricoltura si basa da sempre sulla vite e sul maiale. In quella filologia, cercare l’apocrifo è un intento che sprofonda. C’è tanto terreno, troppo terreno che ha concesso la noia al prezzo. E così chi ce l’ha, se lo tiene, lasciandosi marcire dietro ad una sussistenza fatta di norcini infreddoliti, di rituali invernali e di un’estate troppo lunga da far passare. Perché quando la polvere non rimane in mano ad un Faulkner ma ad un settebello, la vecchiaia incrosta anacronismo senza diventare esempio. E così i giovani si ritrovano per parlare, maledire e tenere il più lontano possibile la sorte non avversa. Perché è sì in luoghi come questi che si fa l’Italia ma è altresì che il cerino corto della scelta non lo vuole nessuno. Perché l’indefinito è sempre più facile. Salame, vino e qualche salma. I rivoluzionari ci sono, profumano di lievito e auto-sostengono con una scuola una delle agricolture più incredibili di questa terra acre. Continue reading Cascina Capanna: il benessere sembra così semplice… Lorenzo Bonadeo

Carne d’alpeggio e salumi apotropaici… Ivano e Claudio Pigazzi

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Pasturo. Fuori stagione. Buio profondo, leggere salite e persone raffreddate che si contano sulle dita di una mano. La Valsassina, nella sua decadenza di valle compresa ma senza sbocchi, ha un turismo poetico di recupero baite che con la contemporaneità non ha nulla da spartire. Qui la possibilità di bellezza empatica se la sono giocata, hanno abbandonato gli artigiani a loro stessi e si son messi in marcia verso più sicure produzioni. Qui si confezionano industrialmente tonnellate di taleggi in cui nessuno, almeno in valle, sembra volersi riconoscere. Trarsi fuori dal fenomeno è compito imprudente. Soprattutto in anni di vacche magre e di conflitti tra burocrazia e “burocratati”. In questo paese agiato a valle, assopito di fronte a preoccupazioni e vendite, l’azienda agricola e la macelleria della famiglia Pigazzi è quella mosca bianca contraltare di bevute pomeridiane, chiacchiere da bar e gioventù bruciate prima di partire… Continue reading Carne d’alpeggio e salumi apotropaici… Ivano e Claudio Pigazzi

Brisaola dei Crotti: uno sguardo fuori… Mattia Giacomelli

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A Chiavenna bisogna andarci fuori stagione. Ha una bellezza decadente, vive di anfratti, di crotti e di svendite. Il fiume Mera regala quel sapore fortificato composto da orride pietre, situazioni pruriginose e un cumulo di vertigini che l’acqua non riesce a lavare del tutto. Il centro storico è un florilegio di passeggio, di accenti deterrenti e di milanesi prestati alla brisaola. Macellerie e prodotti tipici si alternano senza soluzione di continuità e senza un reale peso su quello che si sta comunicando. È un’accozzaglia di ferri battuti e locali dediti alla cazzuola, nonostante una percezione di potere assolutamente corroborante. Quando scende la sera, la gente conta i passi per ritornare alle proprie macchine e il torvo diventa l’unica maniera in cui percepire il fragore dell’acqua. Chiavenna ha un fascino straordinario e venduto male. Si fanno feste e si nascondono le profondità. I crotti stan diventando disarmonie edilizie anni ’60 e i ristoranti un guazzabuglio di menù tipici. Però c’è un’anima sovversiva, c’è qualcosa che odora di vissuto, Chiavenna è uno di quei paesi lombardi che tenderei sempre a far vedere. Qui ci sono tradizioni, usi e bellezze profondamente misconosciute. E così ad uscire è quasi sempre solo la bre(i)saola. Continue reading Brisaola dei Crotti: uno sguardo fuori… Mattia Giacomelli

Bré del Gallo: del culatello e altre storie… Famiglia Magnani

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Fontanelle di Roccabianca è l’epitome della profondità della bassa parmense. Un concentrato di nebbie, campagne, zanzare, conferitori, cascine e cantine di stagionatura. La trattoria e l’osteria hanno gli occhi antichi dei ricordi, quelli in bianco e nero che richiamano tavole, tovaglie e tovaglioli. Qui il genuino ha la sua rappresentazione più florida, il resto è una corsa al prodotto tipico e un accaparrarsi il cliente sprovveduto che vaga per queste stradine costeggianti soia, mais, concimi e quell’illusione di essere sotto l’egida di un riparo chiamato familiarità. Spostarsi è un contributo alla diversità e trovarsi di fronte il gotico della Chiesa di Santa Caterina un motivo di benedizione che dovrebbe togliere attenzione e dare più accortezza. Perché a Fontanelle, patria di Giovannino Guareschi, tutto è filtrato dall’ironia di non essere lì e dai déjà-vu locali che assomigliano a luoghi di una memoria sempre attenta all’unificazione. La meraviglia è ingannevole, i maiali chiusi in porcilaia, la terra umida e provvidenziale e il culatello sono l’unica religione laica. Senza discussioni. Qui, la famiglia Magnani, ha deciso che il tempo doveva essere l’unico dogma. Continue reading Bré del Gallo: del culatello e altre storie… Famiglia Magnani

Salumi in mezzo ai fontanili… Famiglia Zanaboni

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Corte Palasio. Sponda sinistra del fiume Adda. Il più classico dei non paesi di origine alluvionale. Un migliaio di persone sparse dedite all’agricoltura e all’allevamento di Frisone da latte. Poca inventiva e una strada che finisce nel nulla, in una piazzetta dove abbandonare il pudore e dove scontrarsi contro un ristorante ormai chiuso. L’Adda, lì a pochi passi, genera quella rigogliosa natura che non regala più nulla all’immaginazione. Sottesa dietro cumuli di trinciato, lascia da parte il fluviale per dedicarsi tranquillamente al languore. Le cascine recuperate han tolto verità e le costruzioni per biciclette hanno portato la cultura del solido al punto di non ritorno. Questa è zona di fiumi e di fontanili, di quei retaggi agricoli da marcita e di quella Pianura Padana che ha ripreso l’acqua del Po rifiutata dalle stratificazioni e l’ha rimessa tiepidamente in circolo per creare quelle leggende che, quando la nebbia non la tagli nemmeno con l’immobilità, fuoriescono misteriose e affascinanti. Dissidi, lamenti e feste sull’aia. La cultura è andata talmente lontano da portare verso casa qualche fuggiasco ancora alla ricerca del folklore. Così i quarantenni di Corte Palasio erano i ventenni di Corte Palasio e l’agricoltura è solo diventata più sostenibile, cercando vie alternative a porcilaie coi letti a castello e fermentazioni acetiche per bovine iper-produttive. Continue reading Salumi in mezzo ai fontanili… Famiglia Zanaboni

La sicurezza del norcino… Diego Ottelli

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Pian Camuno. Lo sviluppo al tempo della crisi. La Valle Camonica che non è riuscita ad auto-compiacersi e ad auto-referenziarsi, preferendo l’abbandono. Quello industriale e di conseguenza quello artigianale. Sono arrivati i lavoratori, si sono costruite strade e ci si è lasciati incrostare ad una geografia antropica che mette al muro la montagna, lasciando tutti liberi dai peccati. Perché qui il valore del trovarsi in mezzo non si è più guardato in faccia, si è preferito voltare le spalle all’industrializzazione continuando a immaginare quei boschi di castagne e quei giardini da case basse che sono l’anima di un luogo a cui è rimasto attaccato solo un nome. Così non si vende nulla e soprattutto non si sogna nulla. Il clima opaco della fuga è l’unico dogma farneticante. Perché vedere una spianata significava e significa mettere in circolo un orrore e così i saperi rimangono tutti intrappolati nelle lamentele sterili da figlio raccomandato. Bene così e, per i modelli da imitare, magari fare qualche passo in avanti e qualche passo in alto, fino al confine… a tutti i confini… Le vanità, tuttavia, si nascondono bene nei luoghi da finestrini appannati e voglia di tornare in ciabatte. Così la Macelleria Ottelli è l’improvvida rappresentante della norcineria camuna, quella che non è mai esistita per materia prima troppo contraffatta… Continue reading La sicurezza del norcino… Diego Ottelli

Il suino nero si prende delle libertà… Marco Cavani

CAVANI

Sala Baganza, l’approdo alla food valley che tanto nel mondo continua ad affascinare e a rapprendere. Perché qui ci si è fermati a contemplare la fregatura, la maniera e il posto al sole, si sono create aziende, stanze di stagionatura e mitologie e si sono nascosti i maiali e gli allevamenti. Il Parco Regionale dei Boschi di Carrega cela tutto nel pudore e tira fuori quelle aziende che continuano ad impegnarsi a difendere quelle terre che della dovizia han sempre fatto un gonfalone. Così si riesce ancora ad estrarre la bellezza della terra rovesciata, della malvasia, degli allevamenti di maiali e dei caselli di Parmigiano, provando a ricordare, senza confusioni, perché tutti quei prodotti e perché proprio lì, tra quei modi di fare indaffarati ma sempre assolutamente cordiali al quotidiano. La morfologia ha deciso di regalare tutto ad una provincia e così si è riempito di cialtroni e buttafuori ma ha lasciato intatto anche qualche forma artigianale senza imposizioni. Continue reading Il suino nero si prende delle libertà… Marco Cavani

Manze al pascolo e una valle che non ridà indietro… Stefano Vassalini

vassalini

Preseglie è uno di quegli agglomerati di frazioni che non hanno mai portato molto oltre la reale popolazione quotidiana. Qui non c’è nemmeno il passaggio. C’è un fragore di acqua che batte su pietra, una sparuta idea di pescatori in azione, una valle reale e qualcosa che assomiglia sinistramente alla fuga. Verso il Trentino, verso il lago o verso la città, verso tutti quei luoghi che non legano, che non permettono di ricordare le stesse facce che si evolvono nel tempo fino alla sfioritura. Perché fare imprenditoria qui è riconducibile al dominio. Il più furbo si prende tutto. Basta guardare quel territorio che non ridà indietro soddisfazioni, per non rimanere frainteso e stare fermo sul divano. Chi parte è il primo e anche l’ultimo. Così Stefano Vassalini sta cercando di portare qualcosa fuori dai canoni del già deciso, con la sicurezza imprenditoriale della diversificazione e con quella possibilità del bello che prova ancora ad ascoltare, a guardare fuori e ad ascoltare. Continue reading Manze al pascolo e una valle che non ridà indietro… Stefano Vassalini