Cologno al Serio. Pianura bergamasca, mura e assenza. L’età medievale è stata miscelata con l’anima di questi luoghi: lunghi viali informi che portano dentro la nebbia di cascine diroccate senza una comunicazione perseguibile. E qui nascono e muoiono le quote latte, l’agricoltura di sussistenza e il piacere di rimanere paese in un rendiconto che non potrà mai essere esportato nel mondo. Perché le facce di pianura, le occhiaie senza limiti, le rughe in mezzo ai denti e quel corrosivo che si porta via saluti, smancerie e frivolezze, sono esemplari senza risvolti, fatti di foto in grigio sbilanciato e terra secca e disperata, dove la comunione con la cosa pubblica è stata più un esborso che un reddito. Qui in mezzo, la tipicità non poteva che essere la tipicità, se non per un cambiamento di rotta che i fratelli Gritti hanno deciso di imporre pervicacemente a quell’allevamento che ha trasformato un’intenzione. Continue reading Quattro Portoni: potenzialità e funzionalità… Fratelli Gritti
Categoria: Artigiani del gusto
Il vino della Valcamonica e i suoi straordinari tesori… Andrea Bignotti
Piamborno. Uno dei nuclei abitativi di Piancogno. Fondovalle e molta ombra. Transito nostalgico di stradine che ormai sono state messe fuori gioco, questo è un luogo dove i vigneti, appesi alla montagna, vivono nella speranza di una strada del vino nel freddo di un inverno dove non passa nessuno. La famiglia Gheza ha segnato il passo in maniera indelebile tra ville arabesche a Breno e quella Casa rosa antico ispirata alla Spagna moresca, tra cantine sepolte e le cornici delle bizzarre aperture che lasciano offuscato il segreto di un luogo chiuso dirimpetto alla mia meta. Piamborno non avrebbe da ridare indietro che foschia se non fosse per quell’angolo di follia dove, tra eccentricità svolazzanti e ruralità da disseppellire, appare la dichiarazione d’intenti di un luogo quasi magico… Continue reading Il vino della Valcamonica e i suoi straordinari tesori… Andrea Bignotti
La sicurezza del norcino… Diego Ottelli
Pian Camuno. Lo sviluppo al tempo della crisi. La Valle Camonica che non è riuscita ad auto-compiacersi e ad auto-referenziarsi, preferendo l’abbandono. Quello industriale e di conseguenza quello artigianale. Sono arrivati i lavoratori, si sono costruite strade e ci si è lasciati incrostare ad una geografia antropica che mette al muro la montagna, lasciando tutti liberi dai peccati. Perché qui il valore del trovarsi in mezzo non si è più guardato in faccia, si è preferito voltare le spalle all’industrializzazione continuando a immaginare quei boschi di castagne e quei giardini da case basse che sono l’anima di un luogo a cui è rimasto attaccato solo un nome. Così non si vende nulla e soprattutto non si sogna nulla. Il clima opaco della fuga è l’unico dogma farneticante. Perché vedere una spianata significava e significa mettere in circolo un orrore e così i saperi rimangono tutti intrappolati nelle lamentele sterili da figlio raccomandato. Bene così e, per i modelli da imitare, magari fare qualche passo in avanti e qualche passo in alto, fino al confine… a tutti i confini… Le vanità, tuttavia, si nascondono bene nei luoghi da finestrini appannati e voglia di tornare in ciabatte. Così la Macelleria Ottelli è l’improvvida rappresentante della norcineria camuna, quella che non è mai esistita per materia prima troppo contraffatta… Continue reading La sicurezza del norcino… Diego Ottelli
Il radicalismo selvatico della provincia… Danilo Baiguini
Costa Volpino è l’estremo lembo di un sistema di gallerie che tagliano l’orientamento a metà, senza riportare tracce di possibili connessioni e congiunzioni. Ci sono boschi che nascondono e laghi nascosti. In mezzo c’è un’impossibilità al definito, perché non c’è montagna, non rimane pianura e la vastità della Valle Camonica si porta con sé una provincia scartando i reietti. Questo parossismo bergamasco ha anche un bell’affaccio. Un po’ di pastello un po’ di borghese e poca altezzosità. Per qualche passeggiata domenicale è più che perfetto. Grassi idrogenati e vecchi mascherati. Un sogno lacustre che se abbandonato rilascia canne di fiume, mistero e capanne per la caccia. E così sono costretto ad arrivare alla mia meta. In mezzo alla pioggia e in mezzo alla melma. Danilo Baiguini è pescatore, cacciatore e trasformatore. Lo era suo padre e probabilmente lo fu suo nonno. La tradizione non si è mai stracciata.
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Formaggi nascosti tra le curve… Lorenzo Sorlini
Angolo Terme. Bassa Val di Scalve. Una definizione curativa che non cancella i limiti di luoghi ormai obbligati. Tetti rossi e fontane in pietra si staccano dando l’ultima comunicazione prima dei boschi di abeti e l’approdo voyeuristico a quelle montagne innevate che, se inquadrate da un certo angolo fotografico, riportano ancora la solitudine. Perché paesi come questi arrivano troppo presto sulla mappa, fermarsi è una tappa più che un principio, e così lavorare liberamente al di là della pressione turistica è l’unico obbligo che ne consegue. Angolo Terme è affossato in quella provincia di Brescia che dà le spalle a quelle Prealpi sciistiche per principianti che tanti parcheggi hanno visto occupare e tante polente emaciate hanno dovuto tagliare su spianate di legno e prezzi concordati tra l’autista e il protettore del candore. La Val Camonica, in queste coste, ha bisogno di una guida e Francesca Corona ha provato a dare una forma alle mie necessità, togliendo un po’ di ricordo ai raggiungimenti stradali. Così vado un po’ a caso e arrivo all’azienda agricola dei fratelli Sorlini, in località Sorline, senza nemmeno accorgermene. Nomen omen: presagio e presame. Per i formaggi è comunque meglio non dilatare troppo gli occhi. La pulizia è nel gusto e non nell’estetica. Il viaggio è una parola intorno ad un tavolo invecchiato nella certezza di formaggelle che sanno ancora di formaggelle. Senza compravendite. Continue reading Formaggi nascosti tra le curve… Lorenzo Sorlini
Bufali nella pianura reggiana… Luciano Govi
Borzano di Albinea. Il regno della Ferrarini, delle sue stalle e delle abitazioni di quelle maestranze consone a rimanere all’interno di un perimetro di lavoro. Nascosto dietro gli occhi del borgo antico, dei ristoranti chiusi e degli approdi in collina, il lavoro delle persone è fatto di rotonde, di nebbia e di inverni continentali, quelli che non lasciano tregua, che non riflettono altro che felicità e televisione, con le luci fioche e le persiane chiuse alle cinque di pomeriggio. Così, in quei luoghi l’inventiva è frutto di una collaborazione invidiosa e di una cooperazione atavica che ha sempre scandito dei ritmi coesi e politici. Qui l’agricoltura è sempre stata economia, usufrutto e imprescindibilità del raccolto, così le storie si assomigliano un po’ tutte. Chi si lamentava, adesso rimpiange il passato, chi si lamenta oggi è perché ha mangiato abbondantemente, schermendosi dalle depravazioni e dai vizi. Tutti hanno un’opinione perché tutti si sono sporcati e tutti si sono puliti. Il pubblico è diventato privato e il modello consorziale ha mostrato un po’ di rughe. L’assalto alla diligenza può essere intelligente/territoriale/privatistico o becero/qualunquistico. Lì in mezzo viene deposto l’umano. Continue reading Bufali nella pianura reggiana… Luciano Govi
Se non ci fossero i consorzi, si chiamerebbe ancora Reggiano… Fattoria Rossi
Montecavolo. Frazione di Quattro Castella. Ultimo lembo di una pianura che continua a fare finta di nascondersi. Una coltre di neve copre qualunque perversione e qualunque ricordo. Il navigatore è l’unica salvezza. È tutto bianco con la nebbia che a mezzogiorno inizia a scendere sui campi. Questa è la culla del formaggio reggiano, qui si è consorziato l’impossibile, si è creata la grande socialità dei caseifici e si è persa la morale a spartirsi colpe e quote. Quel che resta è sicuramente abbastanza ma tende, come tutte le energie non più rinnovabili in termini economici e culturali, ad invecchiare. Così, Montecavolo non è altro che una frazione a pochi passi dal capoluogo, sulla strada che va verso il Cerreto, bloccata da imprudenze e umori. Così qui, chi è imprenditore agricolo, lo è da generazioni, qui la terra si tramanda, non si compra, non ci sono colpi di testa ma solamente tradizioni con possibilità di rinnovo. C’è chi si adegua e guarda al futuro, chi è nella fase cotidie mori destinata all’esaurimento e chi è già bell’e morto e ha venduto tutto nel nome del capannone come unico Dio. Ecco, in questa provincia, dai tratti ancora candidi, la famiglia Rossi (padre, madre, tre figli maschi e svariati nipoti) porta avanti dalla notte dei tempi l’allevamento, nato come conferimento, diventato conto-terzismo e con un futuro prossimo di trasformazione e di filiera finalmente completa. Continue reading Se non ci fossero i consorzi, si chiamerebbe ancora Reggiano… Fattoria Rossi
Apicoltori provveduti… Linda Chiletti
Dinazzano di Casalgrande. A pochi kilometri da Sassuolo, a metà strada tra Reggio e Modena, e unica frazione non intaccata dalle rotonde e dai capannoni. Le carreggiate si restringono, i dossi diventano naturali e le curve si inoltrano all’interno del Parco Le Riserve. Pedemontana o collina che sia, qui c’è l’abbandono di non riuscire a guardarsi indietro, a quei vigneti di Lambrusco che sembrano messi lì a caso e a quelle strade che sembrano talmente uguali che non perdersi non sarebbe nemmeno giusto. Ben guidato, arrivo comunque dove devo arrivare, confondendomi tra le diramazioni, gli errori e un’umanità che ha messo dello spazio tra dirimpettai, degli animali come deterrente e un’intimità che difficilmente qui verrà scalfita. Il luogo giusto per fare l’artigiano, per provare a non portare a fondo il principio economico della congruenza, dove tutto è sovrapponibile nel tempo e nelle persone. Anche sforzandomi, non ricordo di aver visto né case né volti. Eppure il distretto della ceramica è così manifesto… Continue reading Apicoltori provveduti… Linda Chiletti