Se non ci fossero i consorzi, si chiamerebbe ancora Reggiano… Fattoria Rossi

ROSSI

Montecavolo. Frazione di Quattro Castella. Ultimo lembo di una pianura che continua a fare finta di nascondersi. Una coltre di neve copre qualunque perversione e qualunque ricordo. Il navigatore è l’unica salvezza. È tutto bianco con la nebbia che a mezzogiorno inizia a scendere sui campi. Questa è la culla del formaggio reggiano, qui si è consorziato l’impossibile, si è creata la grande socialità dei caseifici e si è persa la morale a spartirsi colpe e quote. Quel che resta è sicuramente abbastanza ma tende, come tutte le energie non più rinnovabili in termini economici e culturali, ad invecchiare. Così, Montecavolo non è altro che una frazione a pochi passi dal capoluogo, sulla strada che va verso il Cerreto, bloccata da imprudenze e umori. Così qui, chi è imprenditore agricolo, lo è da generazioni, qui la terra si tramanda, non si compra, non ci sono colpi di testa ma solamente tradizioni con possibilità di rinnovo. C’è chi si adegua e guarda al futuro, chi è nella fase cotidie mori destinata all’esaurimento e chi è già bell’e morto e ha venduto tutto nel nome del capannone come unico Dio. Ecco, in questa provincia, dai tratti ancora candidi, la famiglia Rossi (padre, madre, tre figli maschi e svariati nipoti) porta avanti dalla notte dei tempi l’allevamento, nato come conferimento, diventato conto-terzismo e con un futuro prossimo di trasformazione e di filiera finalmente completa. Continue reading Se non ci fossero i consorzi, si chiamerebbe ancora Reggiano… Fattoria Rossi

Apicoltori provveduti… Linda Chiletti

CHILETTI

Dinazzano di Casalgrande. A pochi kilometri da Sassuolo, a metà strada tra Reggio e Modena, e unica frazione non intaccata dalle rotonde e dai capannoni. Le carreggiate si restringono, i dossi diventano naturali e le curve si inoltrano all’interno del Parco Le Riserve. Pedemontana o collina che sia, qui c’è l’abbandono di non riuscire a guardarsi indietro, a quei vigneti di Lambrusco che sembrano messi lì a caso e a quelle strade che sembrano talmente uguali che non perdersi non sarebbe nemmeno giusto. Ben guidato, arrivo comunque dove devo arrivare, confondendomi tra le diramazioni, gli errori e un’umanità che ha messo dello spazio tra dirimpettai, degli animali come deterrente e un’intimità che difficilmente qui verrà scalfita. Il luogo giusto per fare l’artigiano, per provare a non portare a fondo il principio economico della congruenza, dove tutto è sovrapponibile nel tempo e nelle persone. Anche sforzandomi, non ricordo di aver visto né case né volti. Eppure il distretto della ceramica è così manifesto… Continue reading Apicoltori provveduti… Linda Chiletti

Il suino nero si prende delle libertà… Marco Cavani

CAVANI

Sala Baganza, l’approdo alla food valley che tanto nel mondo continua ad affascinare e a rapprendere. Perché qui ci si è fermati a contemplare la fregatura, la maniera e il posto al sole, si sono create aziende, stanze di stagionatura e mitologie e si sono nascosti i maiali e gli allevamenti. Il Parco Regionale dei Boschi di Carrega cela tutto nel pudore e tira fuori quelle aziende che continuano ad impegnarsi a difendere quelle terre che della dovizia han sempre fatto un gonfalone. Così si riesce ancora ad estrarre la bellezza della terra rovesciata, della malvasia, degli allevamenti di maiali e dei caselli di Parmigiano, provando a ricordare, senza confusioni, perché tutti quei prodotti e perché proprio lì, tra quei modi di fare indaffarati ma sempre assolutamente cordiali al quotidiano. La morfologia ha deciso di regalare tutto ad una provincia e così si è riempito di cialtroni e buttafuori ma ha lasciato intatto anche qualche forma artigianale senza imposizioni. Continue reading Il suino nero si prende delle libertà… Marco Cavani

La lunga conservazione della pizza… Massimo Gatti

GATTI MASSIMO

Borgo Val di Taro è un miraggio. L’autostrada segnala l’uscita ma è tutto molto confuso. Emilia, Liguria e Toscana compongono un trivio inespugnabile, i boschi chiudono e tutto quello che resta viene fagocitato dal greto del fiume Taro che lascia rocce bianche e cespugli inerti. Borgotaro è una facciata pastello con un ricamo di persiana verde-Liguria che confonde il mare con la montagna e con la località termale da belle epoque. Qui, dove i funghi regnano incontrastati e dove i raccoglitori dormono in macchina nell’attesa dell’alba e delle creste piene di porcini, le nuvole ricoprono quella parte di sole che ridà tutto indietro sotto forma di fine del mondo. C’è quella luce classica che spoglia l’anima, che ci fa sentire più nudi e più vicini, in un abbandono da centro storico raffinato che prova a rubare un po’ di egemonia a quella natura che tutto si prende. Perché qui il selvatico è ancora selvatico e le persone, sul crinale di un passaggio infestato nel corso delle estati, hanno preso il turismo cercando di renderlo il più quotidiano possibile. Continue reading La lunga conservazione della pizza… Massimo Gatti

Paste e nebbie… Sandra Viviani

viviani

Cortemaggiore. Perpendicolarità romana all’interno di una struttura agricola che lascia intatte le chiese, i portici e quei colori pastello che sembrano trasportati da una Mitteleuropa lontana anni luce. Soprattutto nella decadenza. Qui si coltivavano pere e si coltivano pere, si piantava mais e si raccoglie mais, si estraeva petrolio e non si estrae più nulla. Cortemaggiore è rimasta una provincia piacevole, uno di quei paesi dove non è così necessario che il paesaggio rimanga solo passaggio. Ci si può anche fermare per scaldarsi, per guardare i decumani, per sedersi ad un tavolino o sotto i gradini di una chiesa, per guardare quei campi lascito culturale di un’Italia ferma al bianco e nero, alla serietà, alla prosopopea e alla caricatura. Dove si mangia in casa e dove si mangia al ristorante, perché siamo molto oltre o molto prima del prodotto tipico, di quei luoghi talmente pantagruelici da non avere eguali nel mondo. Da nessuna parte. In questa provincia, l’esaltazione culinaria non è mai scesa a compromessi, si è solo un po’ sporcata e un po’ digitalizzata. Ma il pudore delle rughe continua ad infarinare mattarelli. E così nasce il mestiere della pastaia che ha appreso la manualità dei ristoranti, dei Cantarelli e di tutte quelle trattorie che han creato un’eponima maniera di definire questi luoghi, bassa padana. Qui, Sandra Viviani ha deciso di sfidare l’establishment e di provare a fare del tortello un mestiere. Continue reading Paste e nebbie… Sandra Viviani

Ecco la Bassa padana… Renato Carletti

carletti

Soarza di Villanova sull’Arda. Uno di quei luoghi che può esistere solamente qui, in Italia, in questo trivio di province annebbiate, con in mano il bianchino e in bocca il pesce gatto fritto. Uno di quei luoghi bagnati, umidi, segnati dai silenzi più che dai volti, dove la forma cascina ha catturato per sempre la definizione di contadino, di rurale, di percettibilmente antico. Le foto in bianco e nero non sbiadiranno mai sui ritorni alla terra, sulle produzioni di frutta e di salumi, sui caseifici sociali, su quella cooperazione che ci ha resi quello che siamo molto prima che potessimo accorgercene. Qui l’estetica è rientrata nelle case, si è formata attorno ai camini e agli stracotti, al fuoco che ha sempre bruciato e agli arazzi ingialliti dalla stagionatura dei culatelli. Perché per vivere su queste brine, bisogna avere la nebbia dentro, fare l’allevatore/agricoltore oppure il menestrello. È una decisione per non perdersi e per non dare la possibilità al paese di cristallizzare gli stessi volti conosciuti alle scuole medie. Segnati da una vita neghittosa a cercare la costrizione. La bassa padana è un luogo di volti che si ripetono sempre uguali. Frazione per frazione. Qui, chi vuole cambiare, deve fuggire. Il resto è paese. Continue reading Ecco la Bassa padana… Renato Carletti

Parmigiano Reggiano, balocchi e territorio… Nicola Bertinelli

bertinelli

Noceto. Pianura del Parmigiano. Sorrisi pochi, nebbie tante, rotonde e lavori in corso infiniti. I paesi iniziano a lasciarsi alle spalle. S’intravedono le prime montagne e le prime colline del pre-Appennino. Un posto a metà strada che lascia ancora i ruscelli e i campi d’erba crescere senza sfide. Questa è la metà della luna di un’azienda che non nasce qui perché non deve nascere qui, perché la necessità delle strade è una necessità commerciale di anime contemporanee. Una volta, in quel tempo che fu senza il rimpianto, i paesi della prima collina, dove il suino nero scorrazzava in mezzo a frisone e vacche rosse, erano la base del conferimento ai caseifici del Parmigiano Reggiano. Ora, in questo tempo che è ma che si vorrebbe non fosse, i paesi della prima collina, dove il suino nero è un enclave di resistenza in mezzo a vacche frisone, sono la base del conferimento ai caseifici del Parmigiano Reggiano. Medesano è il lato oscuro, orfico, dove l’azienda agricola Bertinelli esiste dagli anni in bianco e nero dell‘”epoca bella”. Lì si alleva ma non si conferisce più. Nicola Bertinelli, ultima generazione della famiglia, ha deciso di andare su una strada diversa, acciottolata, difficile, comunicativa. Continue reading Parmigiano Reggiano, balocchi e territorio… Nicola Bertinelli

Una storia conquistata… Claudio Gatti

gatti

Tabiano Terme. Città del respiro e del turismo dopo il turismo. I primi venti, le prime nuvole e la città si è sempre riempita di cortei ducali e rughe senza temperanza. Così, nella cogenza di una pelle da restaurare, lo zolfo più pregiato d’Europa è sempre servito come succedaneo della bellezza. Il turismo arrivava, si tappava il naso per le esalazioni e tornava ad immergersi in un clima di relax, un po’ lascivo e un po’ sonnolento. Con quel languore, a metà strada tra l’estate e l’autunno, che dei balli, delle cerimonie, dei maglioncini di cotone sulle spalle e soprattutto della struttura decadente della vita, quell’architettura belle epoque senza smagliature, ha scritto le pagine fondanti di un turismo che non esiste più se non nei nomi. I bagni di Tabiano sono preda di pullman convenzionati con il calcolo dei decessi: salute uguale guadagno. Così il castello fa storia a sé e il paese è un intrecciarsi di parcheggi, alberghi ed edifici languidi. Però che meraviglia questa possibilità tardiva di non conformarsi al progresso. Che rimanga così nel suo anacronismo e su quei colli agricoli che di sfruttamento han sempre campato!
Continue reading Una storia conquistata… Claudio Gatti