L’alpeggio senza orpelli… Elvis e Alessandra Perotti

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Castellamonte è un luogo invernale, fatto di stufe in ceramica, castelli diroccati, sagrati e quella Rotonda antonelliana che tutto abbraccia, a partire dalla proteolisi di quelle tome bloccate in vetrine costruite alle spalle di gente che ha sempre visto l’alpeggio come forma di espressione e l’inverno come il tempo per tirare a campare. È l’ultimo luogo ameno prima di una serie interminabile di frazioni, di paesi senza centro e di quelle case canavesane devastate dall’abbandono e lasciate a quei patii che della casa di ringhiera si portan dietro l’immagine di una povertà retrograda. Poi improvvisamente l’ambiente cambia, le case spariscono preda della decadenza delle valli. Quelle selvagge, senza ostaggi, con la fuga delle persone a dimostrare l’indigenza. Alberghi chiusi nel nulla, ottanta persone a valle per ogni inverno e qualche turista alla ricerca del silenzio assoluto d’estate: la Valle Soana è una valle “fantastica”, come recita il suo sito web che meravigliosamente si apre sulla foto dei manifesti funebri degli ultimi ad andarsene. E lì lo stupore diventa sgomento. C’è sempre un motivo per la decadenza di una valle realmente “fantastica”. Il Parco del Gran Paradiso è lì ma è come se non ci fosse. I retaggi valdostani sono troppo lontani. Queste sono valli di alpeggiatori silenziosi, senza formaggi tipici e senza dimostrazioni di resistenza casearia. La Valle Soana è un luogo precipitosamente lontano. Continue reading L’alpeggio senza orpelli… Elvis e Alessandra Perotti

Borgo Monti: scientifiche confetture… Samantha Franz

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Domodossola è bellissima, è veramente uno stupore poco conosciuto. È una città di architetture civili, di stemmi ossolani, di passati idroelettrici, di portici e palazzi, ma soprattutto è una città di pietra e di pietre, con queste piazza ad adornare il francesismo dei fiori, la profondità delle fontane e queste facciate diseguali che rendono tutto multiforme senza necessità dei colori, ma rimestando in un passato che ha mantenuto lavoro e bellezza sulla stessa lunghezza d’onda. Luogo apotropaico e misterioso, è come se i collegi, le centrali e gli archi avessero preso il posto della stregoneria, della mistica e delle manifestazioni senza tempo. La cultura Walser è fatta di disinquadrature, di molti ciottoli e di poco regime, vela il luogo molto più delle montagne e di quei paesi che ineriscono a quella città conosciuta più per l’alfabeto fonetico che per la realtà. E qui a Domodossola fare artigianato è una questione di comprensione del contesto e del territorio. Continue reading Borgo Monti: scientifiche confetture… Samantha Franz

Forno Ossolano: un labirintico laboratorio di montagna… Germano Meneghello

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Crodo. Terme, Crodino e punto di partenza per le valli del Bettelmatt, quella fontina locale che negli anni si è trasformata in leggenda e nei sapori amarognoli dell’erba mottolina. Qui le valli si diramano ma con leggiadria. La bellezza della fuga è la stessa che si ritrova nel rimanere, nel restare in attesa che qualcosa accada, che gli anni d’oro tornino a ruggire e che questi luoghi recuperino la sacralità del tempo che fu, quel tempo di confine che ha confuso gli idiomi e ha mischiato le tradizioni. Così ci sono vari motivi gastronomici per approdare a Crodo, è un luogo molto libero, dove la serenità non è nemmeno più una ricerca ma un abbandono, quasi una perdita dei sensi. Qui in mezzo, lavorare sul turista ha ancora quell’invidia locale che non porta nemmeno concorrenza. Così chi fa è costretto a fare bene. E Germano Meneghello, cognome veneto e passato proletario tra le rive dell’Adda e la valle, ha messo a fuoco tutti i punti che suo padre gli ha dato in eredità. Continue reading Forno Ossolano: un labirintico laboratorio di montagna… Germano Meneghello

Giovani allevatori senza troppi lasciti… Jodi Maccagno

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Trontano. Frazione Cosasca. Rettifilo di un fondo valle dove la vista periferica spazia verso la Val Vigezzo e verso i fiumi in pietra. Perché qui tutto è squarcio. Persa la nebulosità stretta, ricca e opprimente del Lago Maggiore, la Val d’Ossola si allarga a dismisura andando a prendere pianure fluviali, vigneti, rocce sovrastanti e montagne assolutamente al di là del turismo. Trontano è immerso in quel nonsense di passaggio che porta comunque fuori, che fa sembrare le montagne ancora montagne e la lontananza lontananza. Non c’è ingerenza. Ci sono tegole in beola e c’è un’immagine diluita di quello che la neve o le facce abbronzate dalla dissoluzione, poco più avanti, si sono portate via. In quelle valli dove la “Rolls-Royce” dei formaggi detta legge e dove le croste acarizzate sono sinonimo di rughe e facce antiche. La cultura Walser è un modo di attirare e le rimanenze sono sempre legate a qualcosa di umido, di irrorato, di grondante. Orridi, cascate, rivoli, fiumi, neve, piogge. Quello che resta è un desiderio di cibo che possa contestualizzare tutto. Così vengo attirato da una stalla nuova di zecca e da una storia di gioventù e non di tradizione. Il paradosso di queste valli. Continue reading Giovani allevatori senza troppi lasciti… Jodi Maccagno

Il Mongetto: due fratelli e la gastronomia al tempo dei quattrini… Fratelli Santopietro

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Vignale Monferrato è un paese del passato, di tempi in cui Milano era un’anti-fuga raggiungibile e le colline locali un approdo quasi necessario. La bellezza è una bellezza intatta, dove gli infernot scavati nella pietra da Cantoni rappresentavano, rappresentano e rappresenteranno una zona più di mille parole. Qui si portano i turisti per interrarli tra muffe e bottiglie di vino, e li si scoprono lasciandoli in mezzo a vitigni, girasoli e noccioli. E così questo sarà sempre un luogo borghese dove trasformare la settimana in una lunga preparazione della domenica, dove sfoggiare la tenuta da caccia o la macchina con la capote. Un’avvenenza da danzatori estivi e da partite di tamburello, dove la diversità è un modus operandi che ha trasformato il contadino in vignaiolo e la naturalità dei vini in nomenclature successive dove Barbera, Rubino e Grignolino sono ancora lì fermi nelle loro bottiglie, nei loro enologi e sotto le proprie coperte. Così il Monferrato è un bel viaggio nel tempo. Estetico e statico. Continue reading Il Mongetto: due fratelli e la gastronomia al tempo dei quattrini… Fratelli Santopietro

Cascina Daneto: le forme del riso… Famiglia Debernardis

Occimiano. Qui finisce la pianura, finiscono le risaie, terminano le nebbie e si dileguano quelle basse abitudini che non hanno altro che cascina. Appendice del vercellese, in una zona vocata alla fuga, alle strade lunghe e al senza meta del santo pomeriggio, qui gli sguardi, ancora, sono rimasti fermi allo stupore per l’industriale. Tetti rossi e una tranquillità da latrato. Il Monferrato è uno spauracchio impossibile da non guardare e a cui non fare riferimento. Chi ha deciso per la pianura, però, non ha potuto fare altro che adeguarsi, rivendere tutto alle grosse aziende e magari tenere qualcosa per le proprie cene e e per i propri amici. In pochi sono riusciti a ribaltare l’imposizione territoriale, in ancora meno a creare una comunicazione al di fuori di quelle quattro zone in Italia (Vercellese, Lomellina, Baraggia, Bassa Veronese) in cui il riso è molto più di una religione. Cascina Daneto è un buon posto dove provare a cercare un’eresia. Continue reading Cascina Daneto: le forme del riso… Famiglia Debernardis

Casa e bottega di un macellaio piemontese… Gian Paolo Guastavigna

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Bergamasco. Provincia di Alessandria. A ridosso delle colline del Monferrato, in pianura ma per caso, con quella vista innevata che spazia su tutto quanto è buio e dimenticanza. Un luogo come questo è fatto di ritiro, di piccole abitudini e di ancor più piccole assuefazioni. C’è un castello, c’è un centro con della storicità rialzata, ci sono delle curve che confondono e dei limiti assolutamente indefiniti che non portano da nessuna parte. Un territorio che va cercato, che non arriva per caso, che non lo trovi davanti per grazia divina, e più si nasconde più ci sarà qualcuno che continuerà a perlustrarlo. Ottocento anime per una campagna poco laccata, remota, veramente rilassante. Quattro giovani escono ed entrano da una chiesa che diventa il perno di una confidenza molto al di qua delle mode e molto più legata ai risparmi. Perché qui la globalizzazione è un filo spuntata, meno pervicace e più decadente. Dopo qualche minuto decido per la mia meta. Una minuscola bottega nell’angolo di una minuscola piazza, senza passaggio e senza passeggio, segna la vista per qualsiasi tradizione. Il bovino piemontese è un gonfalone che determina la transizione. Non si passa oltre, ci si ferma lì, in questi luoghi che dell’allevamento/macelleria ne ha sempre fatto un culto. Non si scappa, non si può, il veganismo dilagante qui continua a rimanere inter-detto perché persone come Gian Paolo Guastavigna han sempre parlato un verbo incontrovertibile. Continue reading Casa e bottega di un macellaio piemontese… Gian Paolo Guastavigna

La trasformazione del frutto antico… Paolo Pagani e Anna Maria Messetti

QUIRINUS

Comune sparso di Curino. Bordo della Val Sessera. Qui le prealpi non sono nemmeno più una definizione. Questo è un pezzo di provincia biellese, nascosto, disabitato, in cui la conoscenza rappresenta un vezzo di pochi abitanti e procacciatori di uccelli. Umido e buio fanno il resto. Il navigatore si perde in mezzo a quelle frazioni e a quei cantoni che di un paese hanno lasciato una memoria fatta di accenti agonizzanti e affreschi su pietra. Qui, le dominazioni hanno reso tutto meno manifesto. Dall’imperatore alla curia, gli abitanti di questi luoghi, che dei Celti si portano ancora dentro la morfologia emotiva e la fisiognomica della ribellione, rimangono schivi ad aspettare la somiglianza con il giorno prima. L’identità è un principio di qualità nascoste. Posti selvaggi che hanno ancora il pregio di stupire con una vista senza obbligo. Equidistante da tutto, dalla Valle d’Aosta come dalla Baraggia, Quirino può accoglierti con una strada senza uscita oppure con la vista della casa di Paolo Pagani e Anna Messetti. Un frutteto in discesa, delle manze al pascolo in mezzo agli alberi, una vista rudimentale e una vegetazione che ha terminato di declamare. Il tutto sotto un sole che illumina e non scalda. Una meraviglia in cui rilassarsi è molto più che dovuto. Continue reading La trasformazione del frutto antico… Paolo Pagani e Anna Maria Messetti