In mezzo alle parole di un suq ligure… Guido Porrati

La Liguria è una terra di potenziale… possibilità infinite di bellezza, angoli che del pittoresco hanno creato il paradigma, vicoli sonnacchiosi, odore di pesce e un rapporto tra mare e montagna realisticamente vicino ad una nuamachia: qualcosa di estremamente spettacolare, per colori, per anfratti, per dialetto e per ironico distacco portuale. Ma in atto, probabilmente, il turismo (la sua economia e il suo modo molto fugace di mordere cartellonistica, menù tradotti e fritto misto) l’ha abbandonata senza un canale di eccellenza, dove rifugiare la sua bellezza più impervia, quella degli artigiani del gusto e del loro modo di trasmettere una terra e una tradizione. Continue reading In mezzo alle parole di un suq ligure… Guido Porrati

La granita come non la fanno più… (o quasi…). Aurelio Licata

Sciacca. Maioliche, medioevo, facciate barocche, odore di pesce, puzza di porto, casermoni tinta unita, posizione strategica, pesca, cultura e agricoltura. È tutta una questione di prospettiva. Qualunque sia il punto di approdo, Sciacca riveste colori e luci diversi, a volte lontani, a volti deprimenti, nella maggior parte dei casi interlocutori. Culla del dolce far niente. Venendo da Menfi, la città appare sovietica e periferica. Interpretata dal cuore, dalle sue viuzze, dalle ringhiere infiorate e dagli azulejos sulle scalinate, riluce di una bellezza segreta. Continue reading La granita come non la fanno più… (o quasi…). Aurelio Licata

La Piemontese e il suo macellaio… Francesco Diotti

Nizza Monferrato. In una di quelle patrie del cibo che non hanno colore né regione. Qui è come se l’aria avesse un sapore. Non esiste un’eccellenza, quell’unico posto dove mangiare in maniera meravigliosa, quel produttore che ha le stigmate del monolite per quanto raro. Qui c’è una cultura di fondo e un rifiuto della facilità. Qui il tempo scorre lento.  Le condizioni meteorologiche si sono affermate come deterrente e i tavolini dei bar sono zeppi di convivialità. Continue reading La Piemontese e il suo macellaio… Francesco Diotti

Quelle ricette non più impolverate… Paolo Gazzarrini

San Miniato è un posto strano. Riconosciuto e riconoscibile. Con gli artigiani che escono dai cappelli all’uopo di critici, guide ed associazioni. Scompaiono, però, in quei vicoli dove i turisti dovrebbero affollarsi alla ricerca di un posto al sole e dove, invece, l’idioma straniero è quello del lavoratore prestato a queste colline a metà strada. Lì tra Firenze, Pisa e San Gimignano, con quella vista senza requie così facile in quei rimasugli di Toscana da copertina patinata e con quelle incongruenze che lasciano la bellezza dalla parte del fastidio, della polvere e delle soffitte. Gli imbellettati notabili di oggidì hanno la sicumera della retorica, priva della componente pedagogica e alla mercè di quella persuasiva.  Continue reading Quelle ricette non più impolverate… Paolo Gazzarrini

In assenza delle mani in pasta… Giuliano Pediconi

Forni. Luoghi indefiniti alla corte dei più disparati parvenu e dei migliori panificatori. Con una scelta che si è sviluppata in anni di panettieri della domenica e di rozzi asserviti al lievito di birra. Le Marche, sua terra d’origine, l’hanno tenuto sveglio la notte oltre vent’anni. Ora gli concedono un mulino (Mariani per la precisione…), sito nel comune di Barbara, provincia di Ancona, dove mette a punto le farine, tiene corsi di panificazione e sviluppa un recupero di alcune antiche varietà di frumento. Il resto del tempo lo passa tra il Magistero alla cattedra della Comunità di San Patrignano e il mondo. Dal Canada ad Hong Kong, fino alla Brianza.
Panificio monzese di Davide Longoni (in perdurante crescita qualitativa e alla continua ricerca di una sovrastruttura che lo faccia dubitare del prossimo… artigiano da definizione…). Tre di mattina. Caos primordiale di neuroni. Ma ci provo comunque… Continue reading In assenza delle mani in pasta… Giuliano Pediconi

Un pezzo di storia che ogni tanto si rinnova, ogni tanto no… Santo Musumeci

Randazzo. Qui ci troviamo di fronte ad un mistero. Vicoli deserti, turisti latitanti. Certo, il mare non è vicinissimo, ma la bellezza sì. Te ne accorgi, percorrendo i tornanti che diradano da Floresta. Il greto del fiume Alcantara, chiaramente vuoto, lo cinge, lasciando scoperta la roccia che si confonde con la pietra, al cui crepuscolo appaiono le antiche abitazioni. Un’immagine rinascimentale con le finestre riverse nel vuoto e nell’abbandono.
Randazzo è la città dei campanili. In un non quantificabile passato, erano centotre, quasi uno ogni cento abitanti. Dio era l’espressione cacofonica di centinaia di scampanii.  Continue reading Un pezzo di storia che ogni tanto si rinnova, ogni tanto no… Santo Musumeci

Si entra in quell’atmosfera a metà tra Olmi e Celentano… Fratelli Brambilla

Marzano, frazione di Merlino. Forse la campagna “milanese” più vicina al riposo. Incastonata nelle arterie (Rivoltana e Paullese) che popolano, spopolano e ripopolano la città, in mezzo al fiume Adda, è meta di domeniche fuori porta, giri in bici, ricerca di pace e di falchi della palude. In queste torbiere, dove il whisky s’identifica con una lussuriosa stanza di degustazione all’esterno di un castello, l’erba continua a crescere, i trattori ad imbrattare, le trattorie a cucinare sempre lo stesso pollo alla cacciatora e la stessa polenta, i camini a sfrigolare e la nebbia a confondere. Il tempo è stato costretto a fermarsi, negli sguardi, nelle cadenze gergali e nei cognomi. Continue reading Si entra in quell’atmosfera a metà tra Olmi e Celentano… Fratelli Brambilla

I polli e il loro menestrello… Alessandro Varesio

Montiglio Monferrato. Abbandono della pianura astigiana, oltre uno di quei rettifili tipici nella provincia settentrionale italiana. Quelli delle pompe di benzina, delle industrie e dei capannoni ormai svenduti a supermercati, outlet della ceramica e contrasti tra grigio topo e rosa sbiadito. Tigli, querce e noccioli si mostrano e nascondono. Ogni tanto qualche palizzata fa sorgere la domanda. E la risposta è tartufo bianco. Quello che Alba ruba per fare bella figura, lo stesso che costa oltre 200 euro l’etto, il medesimo che va all’asta per una grattuggiata di poesia su un piatto di una “semprescotta” o di una Barilla malcelata da Gragnano d’antan. I tartufai, più che una corporazione, da buoni veicolatori di immagini, sono per l’assenteismo compulsivo. Manco lo sniffo.  Continue reading I polli e il loro menestrello… Alessandro Varesio