La Casara: epopea della famiglia Roncolato…

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Tra Roncà e Soave, dove le vigne hanno colonizzato tutto, boschi, parchi e coltivazioni e dove fare dell’altro non è più nemmeno pensabile, perché le stalle si sono rifugiate e sono state lasciate alla mezza montagna – quella che produce ma non trasforma – e perché l’estetica non è ancora arrivata al punto di liberarle. Sono luoghi medievali, rifratti, coperti e cinti da mura, che nascondono più che mostrare un artigianato che è stato costretto, adagiandosi alla perfezione, ad adeguarsi ai ritmi delle vendemmie e dei consorzi. Perché qui fare imprenditoria, riuscire a creare una filiera e mostrare la possibilità di un sapere sono sempre state viste come un mettersi in mostra superfluo, quasi sgradito. Continue reading La Casara: epopea della famiglia Roncolato…

Gli anni eroici della pasticceria… Gianni Tomasi

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Verona. Borgo Milano. Passaggi storici tra bachi da seta, gelsi ed edilizia popolare dove il centro ha lasciato da parte la sua sicumera e quella borghesia che ha sempre reso tutto troppo tetragono. Verona è una città dura, schematica, di una bellezza geometrica che almeno nelle periferie mette da parte quel senso algido per rimettersi ai conti dell’artigianalità. In questi luoghi è veramente possibile la produzione, la famiglia e la legge di stabilità. E che i centri storici siano vieppiù svuotati è la conferma di quell’artigianato che, qui, in Italia, non si è mai trasformato in interesse economico. E la pasticceria Tomasi è l’emblema di un mondo con profumi appannati, che riempiono l’aria ancora di verità, di sudore e di una pensione che non arriverà mai. Perché son luoghi che aprono e muoiono con le stesse facce e con le diverse espressioni della felicità e dell’abbandono. Gianni Tomasi ha aperto qui a fine anni ’60 e da qui non si è mai né mosso né allargato. Continue reading Gli anni eroici della pasticceria… Gianni Tomasi

La cooperazione è un discorso filologico… La Peta (Mario Costa)

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Costa Serina è un nascondimento nel nascondimento. Adagiata com’è su quella mezza montagna al di fuori dall’interesse e dallo scorrere frettoloso delle abitudini. Che qui sono impermeabili alla noia perché della noia sono impregnate. E così non si può fare altro che continuare a girare intorno ai tornanti e guardare con diseducazione quelle case messe in piedi dai magutt bergamaschi che han reso tutto una miscellanea di pareti bianche e tetti spioventi, dove il legno e il cemento formano l’immagine di uno straordinario stacanovismo orobico e dove il passato continua sommessamente a diventare una forma di dimenticanza. Così si passa da Trafficanti a Vino cattivo fino a tutti quei nomi identificati da anfratti, usanze e punti vendita della valle: sbocchi tra la Val Brembana e le mitologiche “ora e un quarto da Milano” che al piccolo borghese non han mai lasciato scampo. Perché la val Serina è una serie di villini all’ombra venduti sulle reti private da sedicenti ammaliatori in camicia abbronzata per poche migliaia di euro… previa chiaramente soddisfazione personale… Continue reading La cooperazione è un discorso filologico… La Peta (Mario Costa)

La Lessinia al tempo dei pastori… Lorenzo Erbisti

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Roverè Veronese è un continuo sali e scendi di luoghi abbandonati e contrade che non portano da nessuna parte se non nel selvaggio. La Lessinia non concede favori e nemmeno pudori, ha questo viso rilassato che nasconde bene le brutture, ha quello stampo tedesco-cimbro che delinea le strade senza renderle agevoli e ha quel turismo mascherato da gita domenicale post-scout e pre-pensionamento. Senza delle indicazioni casuali è impossibile toccare due volte le stesse vacche e le stesse piante. Il versante centrale è quello dei formaggi e delle stalle del Monte Veronese, dove il latte è lo stadio morente di una popolazione che non esiste più se non asintotica alla realtà. Fughe disperate, eremi romiti e professioni talmente distanti dalla definizione che non sono nemmeno un dialogo. Eppure c’è una bellezza disattesa e confusa, c’è un paesaggio assolutamente inalterato e assolutamente inesplorato ed è in luoghi come questo che le vacche Rendene e le pecore Brogne possono ancora rivendicare il proprio spazio al di là della produzione, della stabilità e di quei casari che darebbero via tutto in cambio di un cappio da legare. Continue reading La Lessinia al tempo dei pastori… Lorenzo Erbisti

La pasta è un buon inizio… Leonardo Cappo

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Borgiallo è un luogo chiuso e dedicato. Castellamonte, che si lascia alle spalle le sue bellezze e le sue botteghe di tome acarizzate all’inverosimile, è una strada provinciale che cede spazio a quel tipico asfalto che non porta verso nulla, che abbandona indietro le curve e che non prevede nulla sul proprio cammino. Il paese è un insieme di case distanti e strade che lasciano il percorso alla furia del bosco, con tronchi sparsi, buche mai ricoperte e quella carreggiata che diventa mulattiera. Pochi negozi, un’attività per ogni tipo di funzione vitale, molti parcheggi, il Comune, un asilo nido che richiama pace e un vecchio caseificio sociale (di cui è rimasta solo l’insegna) che è diventato laboratorio e bottega di un giovane provveduto con una laurea in tasca e una voglia di trasformare la quotidianità familiare in un mestiere. Continue reading La pasta è un buon inizio… Leonardo Cappo

Agriforneria: progetti in viaggio… Rocco Primavera

AGRIFORNERIA

Chiesanuova è un paese fantasma. Ci sono case abbandonate, delle costruzioni canavesane con mattoni a vista mai ricoperti, delle salite che non portano a nulla, un bar-trattoria-alimentari nella non-piazza del paese dal retaggio triviale, pochi bambini su un campo di calcetto, qualche camminatore diurno, molti luoghi isolati, una vista sulla pianura che non riflette e un cinguettio persistente che rimette in pace con la realtà. Macchina chiusa e panino in mezzo a un parcheggio. Al di là delle considerazioni gastronomiche che han reso di pietra il mio palato, è stato il preludio alla bellezza e all’inatteso. Al di là dei colli, la setta di Damanhur porta avanti le sue idee di spiritismo globale che nei boschi han trasformato debolezze in costrizioni sotto l’apparenza dell’arbitrio più selvaggio… ma il mio compito, sfortunatamente, è al di là dell’antropologia e così mi fermo prima. Alla fine di una strada con uno sterrato da fare prima del bosco. Lì Rocco Primavera e sua moglie Veronica hanno trasformato la loro fuga dalla città in qualcosa di armonioso e principalmente dinamico. Continue reading Agriforneria: progetti in viaggio… Rocco Primavera

L’alpeggio senza orpelli… Elvis e Alessandra Perotti

Santuario_San_Besso_Val_Soana

Castellamonte è un luogo invernale, fatto di stufe in ceramica, castelli diroccati, sagrati e quella Rotonda antonelliana che tutto abbraccia, a partire dalla proteolisi di quelle tome bloccate in vetrine costruite alle spalle di gente che ha sempre visto l’alpeggio come forma di espressione e l’inverno come il tempo per tirare a campare. È l’ultimo luogo ameno prima di una serie interminabile di frazioni, di paesi senza centro e di quelle case canavesane devastate dall’abbandono e lasciate a quei patii che della casa di ringhiera si portan dietro l’immagine di una povertà retrograda. Poi improvvisamente l’ambiente cambia, le case spariscono preda della decadenza delle valli. Quelle selvagge, senza ostaggi, con la fuga delle persone a dimostrare l’indigenza. Alberghi chiusi nel nulla, ottanta persone a valle per ogni inverno e qualche turista alla ricerca del silenzio assoluto d’estate: la Valle Soana è una valle “fantastica”, come recita il suo sito web che meravigliosamente si apre sulla foto dei manifesti funebri degli ultimi ad andarsene. E lì lo stupore diventa sgomento. C’è sempre un motivo per la decadenza di una valle realmente “fantastica”. Il Parco del Gran Paradiso è lì ma è come se non ci fosse. I retaggi valdostani sono troppo lontani. Queste sono valli di alpeggiatori silenziosi, senza formaggi tipici e senza dimostrazioni di resistenza casearia. La Valle Soana è un luogo precipitosamente lontano. Continue reading L’alpeggio senza orpelli… Elvis e Alessandra Perotti

Birrificio Italiano: iconoclastie brassicole… Agostino Arioli

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Limido Comasco è un luogo di passaggio su quel confine invisibile tra le province lombarde che il riguardo ha trasformato in necessità. Per capire che la tradizione di un posto si è trasformata in indifferenza bisogna accorgersi delle costruzioni edili, di quelle case che non hanno più legami se non con l’obbligo di dormire, la partenza mattutina e il giardinetto salva-weekend per dei figli che hanno finito di confondere l’asfalto con il selvatico. Lì in mezzo c’è quella coerenza borghese del numero prima di tutto, del capannone come unico dio e della rotonda come luogo dove far nascere nuove imprenditorie e vecchie artigianalità, con l’offerta cappuccino + brioche sempre in bella vista. Ecco, il limite della provincia lombarda è uno di quei luoghi in cui avere qualcosa da mettere in opera. La mancanza di distrazioni è talmente coinvolgente da preferire un prefabbricato ad un passatempo. Qui, in questa mezza via, Agostino Arioli ha trasferito da qualche anno la produzione della sua birra. A Lurago Marinone è rimasto il suo pub mentre gli ettolitri aumentavano e la necessità di spazio anche. Continue reading Birrificio Italiano: iconoclastie brassicole… Agostino Arioli